Recensione: The Secret
Fa sempre un certo effetto trovarsi di fronte ad un nome imponente, titanico e prestigioso come quello di Alan Parsons.
Siamo ai confini del mito planetario, nel pieno della grandezza di una pietra miliare.
In stretta connessione con la storia – quella monumentale – della musica.
Insieme al compianto Eric Woolfson – in un unione con il quale nacque il celebre “Project” – un precursore, visionario, stilisticamente avanguardista, in grado negli ormai lontanissimi anni settanta, d’imporsi al grande pubblico oceanico grazie ad un’impostazione dei suoni e della melodia che raccoglieva la profondità fascinosa dei Pink Floyd unendola con il progressive rock di stampo britannico, l’elettronica ed il pop radio friendly. Una miscela capace di forgiare melodie memorabili, immortali, scolpite eternamente nelle tavole sacre.
Un artista, Alan Parsons, di cui probabilmente tutti hanno sentito almeno qualcosa durante la propria esistenza, magari senza nemmeno saperlo. Eppure, strumentali genialoidi come “Mammagamma”, “Lucifer”, “Pipeline” e “The Gold Bug” sono arie entrate da decenni nell’immaginario collettivo, come una sorta di patrimonio dell’umanità.
Per non parlare del binomio “Syrius / Eye in The Sky”, del successo cosmico di “Limelight“, piuttosto che di album come “I Robot“, “Eve“, “The Turn of a Friendly Card” e “Pyramid“.
Capolavori: nessun’altra definizione plausibile.
Una carriera luminosa che ha saputo offrire, anche in vesta solista, alcune piccole gemme seppur di genere sensibilmente diverso rispetto alle origini. “Try Anything Once” e “On Air” erano, in effetti, ottimi dischi, dotati di grande charme e di un fascino innato, caratterizzati dall’intramontabile gusto per la melodia di Parsons e da brani in costante divenire tra reminescenze degli esordi ed una maggiore propensione alla morbidezza dei toni confidenziali e rilassati.
Un bel colpo insomma, quello di Frontiers music che, pur se ormai nella fase conclusiva di una carriera straordinaria, è riuscita ad aggiungere nel proprio già nutrito bouquet di artisti, un nome autorevole come quello di Alan Parsons, con tanto di pubblicazione di un nuovo album e partecipazione al festival d’etichetta (va detto, a onor del vero, che già nel 2010 Frontiers curò la pubblicazione di un disco dal vivo intitolato “Eye to Eye – Live in Madrid“), a significare di come la presenza dell’eminente mastermind britannico nel roster Frontiers voglia essere cosa tutt’altro che fittizia o impalpabile.
“The Secret” arriva a distanza di eóni dal precedente capitolo discografico, il poco ispirato e controverso “A Valid Path” del 2004, disco che era parso più un tentativo freddo e mal riuscito di recuperare alcune tematiche del passato senza tuttavia la medesima ispirazione dell’epoca, ibridizzando l’elettronica primigenia con alcuni temi quasi dance che, in effetti, stonavano al limite del pacchiano.
Un po’ di timore caratterizzava pertanto l’approccio a questa nuova uscita discografica, maturata a tanti anni di distanza: onestamente ci appariva complicato riuscire ad immaginare dove avrebbe potuto andare a parare l’offerta di Parsons in quello che, a conti fatti, rappresentava un come back inatteso e piuttosto estemporaneo.
L’impressione immediata è stata, confermata poi in seguito, quella di un album decisamente spostato su toni più intimisti e soffusi, ai limiti, quasi, dell’AOR venato di westcoast: l’ennesima giravolta nel percorso musicale di un artista sorprendente.
Pochissima elettronica quindi, stilemi parecchio cantautoriali ed ambientazioni meno innovatrici, a vantaggio di un approccio molto “terreno”, seppur sempre, in qualche modo, evocativo.
L’idea è che Parsons con “The Secret” abbia voluto racchiudere in un album – potenzialmente l’ultimo in carriera – alcune delle atmosfere più intense e malinconiche mai prodotte. Nel volersi avvicinare all’essenza della melodia, quasi un omaggio alla label che ha voluto accoglierlo e produrre un suo nuovo cd dopo parecchi anni di silenzio.
Ne deriva un prodotto piacevole, parecchio orecchiabile, dai toni garbati e quasi trasognanti. Non c’è più l’avanguardia “spaziale” degli Alan Parsons Project: nelle armonie dei brani rimane tuttavia un che di onirico, mediato da una raffinatezza di scrittura che è patrimonio specifico di chi ne ha curato i dettagli.
Incentrato essenzialmente sulle ballate, “The Secret” è, dunque, un album tutt’altro che dozzinale o sprovvisto di qualità. Ci sono, ad esempio, i pezzi che recano con chiarezza il marchio indelebile di Alan Parsons come “Miracle”, “As Lights Fall” e “The Limelight Fades Away“. Si percepiscono omaggi ai Beatles – prima esperienza nella lunga esistenza artistica del mastermind inglese – chiare e definite nelle armonie di “Soirée Fantastique” e “Fly To Me“. Ci sono poi i pezzi forti del disco, “Sometimes” e “Can’t Get There from Here” – la prima cantata dal grande Lou Gramm – che rappresentano probabilmente l’apice della nuova opera, trattandosi di melodie cucite ad arte per andare a toccare le corde emotive di un romanticismo quasi cinematografico.
Non manca nemmeno l’immancabile strumentale a cui Parsons non vorrà probabilmente mai rinunciare: a sorpresa però, non si tratta questa volta della solita genialata electro-pop, bensì di un imprevisto brano di radice classica, una variazione sul tema dell’Apprendista Stregone che posta in apertura di scaletta appare quasi beffarda, viste poi le sfumature molto rarefatte utilizzate nel prosieguo del cd.
Ci saremmo forse attesi qualcosa di diverso, non possiamo negarlo.
A conti fatti e valutati tutti gli aspetti – dal songwriting allo spessore degli interpreti, passando per la qualità delle melodie – “The Secret” risulta comunque un buon disco.
I tempi dei grandi fasti dell’epoca a cavallo tra anni settanta ed ottanta sono ormai remoti: “The Secret” è, ad ogni buon conto, un modo elegante e molto cortese per rientrare in scena e – forse – (con artisti di questo calibro il condizionale è sempre d’obbligo!), per accomiatarsi, dopo tanti anni di successi, dal vasto pubblico di fan ed appassionati che ancora oggi ricorda con grande rispetto e deferenza tutto quanto prodotto da un nome leggendario come quello di Alan Parsons.