Recensione: The Seed of Life
Passato alle cronache su queste pagine come talentuoso chitarrista dei riminesi Ancient Bards, docente al MMI (Modern Music Institute) di Riccione, fondato da Alex Stornello e che vanta insegnanti del calibro di Michele “Dr. Viossy” Vioni e di Martino Garattoni (altro collega in forze ai bardi), Claudio Pietronik è un giovane maestro della sei corde tra fusion e metal. Il suo hybrid picking influenza tanti chitarristi in giro per il mondo, anche grazie a video didattici disponibili su youtube. Per il suo primo lavoro solista, dal titolo “The Seed of Life”, il chitarrista romagnolo si è affidato a Jam Track Central, un’etichetta online che produce e promuove materiale didattico e lavori in studio di chitarristi come Guthrie Govan (The Aristocrats), Alex Hutchings e Mattias Eklundh.
Ibrido e multiforme come lo stile musicale proposto, anche questo lavoro vanta una doppia anima: da un lato quella più squisitamente musicale, da indossare le cuffie e lasciarsi trasportare dai numerosi panorami emotivi evocati dalla GNG di Pietronik, e quella più prettamente didattica, con un’edizione speciale completa di videoclip, videolezioni, tablature e backing track… brani ed esercizi nei quali già in tanti sul web hanno deciso di cimentarsi.
Come l’inizio di una nuova avventura, l’opener “A New Run” con la sua base incalzante ed i suoi arrangiamenti cinematografici, si identifica come un attraversamento verso nuovi mondi e nuovi lidi, che tra una figura tecnica e l’altra ci prende per mano e ci accompagna lontano dai campi di battaglia di Sendor e Daltor.
Il disco è un coacervo di stili ed influenze, dal battere e delle tecniche di respirazione che scandiscono il mid tempo dell’avvio di “Breathe to be Free”, alla più diretta e velocissima “Joy of Perspective”, all’imprevedibile e joyciana “Stream of Emotions”. Impossibile, mio malgrado, descrivere ogni sfumatura ed ogni emozione intrisa in un lavoro tanto variegato, dalla malinconia “positiva” di “All About that Day” ai funambolismi tecnici di “5th Dimension” col duello tra la fidata chitarra di Claudio e la tastiera di Alex Argento. Un solo brano davvero heavy all’interno lavoro, con il pathos epico sprigionato da “The Divine Battlecry”, dalla quale è stato realizzato un videoclip.
Tra un lick e l’altro non mancano momenti di meditazione e contemplazione, come nell’estatica “As Dreams Were Reached Again”, che coi suoi arpeggi ed i suoi riverberi estremi ci trasporta in mondo di serafica quiete, e la più indefinita e sfuggente “Dreamscape”.
C’è anche un brano cantato, alla posizione numero nove, con le voci di Andrea Bana Anastasi (anche nelle vesti di arrangiatore di gran parte del lavoro) e della barda Sara Squadrani.
“The Seed of Life” è un debut sopra le righe, raffinato e sorprendentemente ricco di abissi da approfondire attraverso ripetuti ascolti. Tanto più per i giovani allievi reali e virtuali di Claudio Pietronik, che troveranno in questo disco un motivo d’ispirazione e di emulazine. Unico difetto del lavoro, complice appunto la sua bivalenza espressiva e didattica: in alcuni passaggi si palesa fin troppo la presenza di basi campionate e della drum machine che restituiscono un senso di freddezza all’ascoltatore casuale.
Il seme della vita è stato piantato e possiamo già godere dei suoi succosissimi frutti, in attesa di esplorare le nuove, inaspettate frontiere espressive di questo giovane talento italiano.
Luca “Montsteen” Montini