Recensione: The Shadowsoul
Hanno liberato Varg!!! No, non è vero, ma l’ho pensato ascoltando gli ungheresi Dusk nel loro esordio discografico, dopo quasi 10 anni di centellinati demo; purtroppo, risultato rivedibile e delusione palpabile sono i due frutti. Mi sarei aspettato ben altro, qualcosa di più coinvolgente, carico ed atmosferico. Invece? Invece ho un disco pieno di troppo sparsi a raggiera: troppo semplice, troppo lineare, troppo lungo, troppo ripetitivo, ma soprattutto troppo innocuo… troppo…
Il black in questione riprende la lezione del galeotto Vikernes del periodo Hvys Lyset Tar Oss et similia, con il classico cantato sguaiato e sgraziato; peccato che le similitudini si fermino il più delle volte qui, a livello superficiale. Illustre assente è il mordente, quello con la “m” maiuscola, che farebbe restare turbati e rapiti, viaggiando con la mente leggeri come un fiocco di neve; magari sulle note sulfuree delle tastiere distese su un letto di chitarre glaciali, proprio come ci aveva insegnato Burzum.
Invece no, dopo l’intro strumentale che farebbe ben sperare, si resta ben saldi al terreno per colpa di sei pezzi lunghissimi e rallentati, alcune volte sfiancanti e tediosi nei loro undici minuti di media; privi di presa e cattiveria durevoli, senza la rabbia, la malvagità, la malattia e la sofferenza del norvegese. Non c’è alienazione, disperazione o misantropia ma solo freddezza, spesso nella peggiore delle accezioni per un’opera artistica: l’assenza di comunicatività. Gli spunti piacevoli ogni tanto escono allo scoperto, come un riff di spicco che cerca di fare capolino, ma è necessaria una grande passione per rimanere ad aspettarlo fiduciosi mentre lo svolgimento poco trascinante dei primi due pezzi ha il suo corso. Non è cosa facile attendere tanto prima di approdare a qualcosa di veramente interessante come il salvagente “Diewish” (una spanna sopra le altre) e la seguente “Eternal Pain”, altrettanto gravoso il sorvolare sul senso di déja vu che aleggia su “Dusk” o sulle melodie base dei componimenti dai caratteri guida fin troppo similari. Se l’effetto voluto era quello di desolazione, se il mezzo prescelto era una struttura deliberatamente scheletrica, ben vengano; peccato che nella fattispecie vedo l’obbiettivo distante perché prendere in mano uno stile come questo e farlo propria bandiera non è cosa da poco. Minimale/emozionante è una cosa, elementare/annacquato è un’altra.
Triste per il disco, è che alla lunga io mi sia abituando alla sue mancanze: lo metto nello stereo e cerco col lanternino quello che finora potrei non aver scovato ed apprezzato, ma dopo qualche minuto tutti i miei buoni propositi sono svaporati e mi scopro distratto a pensare ad altro; non impegnato in qualche viaggio riflessivo ed intimo, bensì intento a rimuginare su qualcosa di più interessante ed estraneo. La mancanza di efficacia la imputerei prima di tutto allo scream, la cui unica espressività deriva dallo stile scelto, secondo poi alla modestia della struttura, afflosciata stancamente sull’uso riduttivo delle tastiere. Invece di innalzare l’espressività delle composizioni, quest’ultime si limitano il più delle volte a seguire lo svolgersi delle chitarre, dimostrandosi raramente qualcosa di più di un semplice accompagnamento. Anche la sonorità delle stesse, troppo flebile ed un po’ vuota soprattutto nei componimenti più deboli, non aiuta a colmare adeguatamente la freddezza della parte elettrica, anch’essa non del tutto incisiva. Una corsa al minimalismo che non fa bene a nessuna delle due componenti e che trascina verso il basso entrambe.
Disdetta! Avrei voluto parlarne con entusiasmo sapendo con quali credenziali mi si presentava, ma The Shadowsoul è incredibilmente acerbo e fin troppo limitato in alcune sue parti; in certi casi mi è sembrato quasi di perdere del tempo ad ascoltarlo. Un vero peccato, ma sono fiducioso perché non è irreparabilmente buio l’antro musicale dimora di Shadow e con rinnovato entusiasmo attendo il prossimo passo, puntando tutto sul fascino magnetico che in ogni caso mi trasmette questa band.
Tracklist
01. Innerself
02. Dusk
03. The Secret
04. Diewish
05. Eternal pain
06. Vow