Recensione: The Sham Mirrors

Di Emanuele Calderone - 17 Dicembre 2009 - 0:00
The Sham Mirrors
Band: Arcturus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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90

E’ il 1987 quando, in Norvegia, tre giovani musicisti danno vita ad un progetto death metal che risponde al nome di Mortem. Dopo appena un demo la band, nel 1991, decide di cambiare il proprio moniker, dando il là a quello che sarà uno degli acts più importanti del panorama estremo: stiamo parlando degli Arcturus. In seguito al cambio di nome, si assiste anche all’innesto del bassista Skoll e al cambio di cantante con l’arrivo di Garm.

Dopo un inizio di carriera ancora fortemente legato al Black Metal (ne è esempio lo splendido “Aspera Hiems Synfonia”), il gruppo sceglie di virare il proprio sound verso territori d’avanguardia. La ricetta sulla quale lavorare è concettualmente “piuttosto semplice”: il combo comincia a sperimentare e partendo dal melodic black metal arricchisce quest’ultimo con inserti elettronici, di musica classica, stacchi progressive e voci pulite.
Il primo lavoro che nascerà da tale commistione di generi sarà il capolavoro “La Masquerade Infernale”, datato 1997, e ritenuto generalmente una delle vette massime raggiunte dal quintetto di Oslo.
Passano cinque anni prima che i norvegesi tornino sul mercato con un nuovo lp. Durante questo periodo Steinar Sverd Johnsen & co., si chiudono negli studi per dare vita al loro terzo album, nominato “The Sham Mirrors”, che si rivela da subito un disco agli antipodi rispetto a “La Masquerade Infernale”, ma non per questo meno riuscito.

Il primo aspetto a saltare all’orecchio è il deciso cambiamento atmosferico. Il disco suona, per certi versi, più distaccato e freddo, meno onirico, pur riuscendo a non perdere la teatralità del suo predecessore.
L’elettronica diventa, assieme metal, la base sulla quale costruire i brani. Le canzoni si fanno complesse, di difficile assimilazione, estremamente articolate e varie, in grado di regalare nuove sensazioni ad ogni ascolto.
Le chitarre si presentano più incisive, i riffs serrati, la sessione ritmica tesse tempi estremamente intricati, rendendo questo “The Sham Mirros” il più ostico e meno diretto full length degli Arcturus. La voce di Garm, ricorrendo più di una volta all’effettistica, contribuisce a rendere il tutto ancora più ipnotico e freddo.
Ad un’analisi più attenta si nota come a fare la differenza sia il consueto songwriting solido e di qualità, che consente ai norvegesi di muoversi con estrema facilità anche nei brani più lunghi, senza mai risultare prolissi. Le composizioni, seppur ricche di influenze, riescono a non risultare pesanti o troppo ricche di orpelli decorativi, che influirebbero negativamente sul risultato finale.
L’opera, divisa in sette capitoli di minutaggio medio-lungo, viene introdotta dalla fantasiosa “Kinetic”. Il brano mostra subito un gruppo sugli scudi, capace di fondere alla perfezione tutte le influenze che vengono incorporate nella propria musica. Ad un’introduzione di stampo progressive metal, si lega una lunga sessione dominata da patterns elettronici, per arrivare, poi, ad un crescendo emotivo dominato dalla voce pulita di un Garm capace di una prestazione magistrale.
Proseguendo con l’ascolto dei brani non si incontra nessuna sorpresa negativa: vengono confezionati episodi di grandissimo pregio uno dopo l’altro, senza sbagliare un colpo. E’ questo il caso della folle “Nightmare Heaven”, divisa tra parti sinfoniche e incursioni nell’elettronica più pura, o ancora la violenta “Collapse Generation”, in cui le tastiere diventano le vere regine, sostenute da chitarre nervose e da una sessione ritmica decisamente varia e possente.
L’unico brano in cui riaffiorano reminescenze black è la splendida “Radical Cut”, un pezzo di black metal sperimentale, nel quale troviamo un Ihsahn sfoderare delle acide scream vocals convincenti come non mai e perfettamente in sintonia con il mood della canzone.
Ultima traccia che merita una menzione d’onore è senza ombra di dubbio la suite conclusiva “For to End Yet Again”, un vero e proprio manifesto di metal avanguardistico. Questa song incorpora tutti quei caratteri distintivi che hanno reso unici questi cinque musicisti norvegesi: si alternano sontuosi suoni di tastiere, riffs serrati e fantasiosi, ritmiche in costante evoluzione. Su tutto si muove la voce, ora filtrata ora no, di un Garm teatrale come non mai.
Le restanti tracce continuano sulle stesse coordinate, mantenendo un livello invidiabile, con risultati sempre ottimi, sia per quanto riguarda la ricerca in chiave melodica, che per quel che concerne l’aspetto esecutivo.

Doveroso spendere qualche commento anche sugli aspetti più tecnici dell’album. Il combo sfodera una prestazione a livello tecnico di livello superiore. Non vi è sbavatura alcuna, ognuno svolge il lavoro al meglio delle proprie capacità.
A livello di registrazione e produzione non ci sembra vi siano critiche da muovere. La scelta di suoni poco naturali risulta apprezzabile, specie in relazione alle atmosfere create nel disco, finendo per rendere il tutto ancora più freddo ed affascinante.

Non ci rimane che concludere ricordando ancora una volta che questo “The Sham Mirrors” non rappresenta che un’ulteriore evoluzione del sound di questa splendida band.
Acquisto obbligato dunque per chiunque non lo possegga. Per chi ne fosse già in possesso: correte a riascoltarlo, di dischi del genere, sfortunatamente, ne escono davvero pochi!
Buon ascolto.

Tracklist:
01 Kinetic
02 Nightmare Heaven
03 Ad Absurdum
04 Collapse Generation
05 Star Crossed
06 Radical Cut
07 For to End Yet Again

Emanuele Calderone

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