Recensione: The Shrapnel Years

Di Riccardo Angelini - 8 Novembre 2006 - 0:00
The Shrapnel Years
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Anno: 2006
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60

Ancora chitarra, ancora un grande musicista che spesso passa sotto silenzio più di quanto dovrebbe. Cresciuto alla scuola delle sei corde del guru Yngwie Malmsteen, Tony MacAlpine ha col tempo oltrepassato le mura neoclassiche entro le quali il maestro svedese si è chiuso come in esilio volontario, lanciandosi alla scoperta di nuovi orizzonti musicali. Un percorso per molti versi analogo a quello del collega Vinnie Moore, per il quale Tony ha suonato le tastiere sul folgorante esordio ‘Mind’s Eye’, e con il quale divide la medesima etichetta. Si parla naturalmente di quella Shrapnel Records che in passato ha avuto il grande merito di dare fiducia a tanti apprendisti stregoni delle sei corde, vincendo scommesse su scommesse, e che per quest’anno sembra ben determinata ad arrotondare il budget a suon di raccolte di dubbia utilità.

Il disco in questione infatti presenta pressoché tutte le caratteristiche della discutibile compilation dedicata a Vinnie: stesso numero di brani (dei quali quattro estratti dell’esordio), analoga durata, booklet minimalista, tracce riproposte in rigoroso ordine cronologico (addirittura rispettando la sequenza della tracklist degli album di provenienza!); zero rarità, zero inediti, zero motivazioni che possano suggerire l’acquisto a un fan di vecchia data.
Rispetto alla Vinnie Moore Collection, bisogna riconoscerlo, lo spettro di album da cui si attinge è più ampio (si parla di sei dischi anziché quattro). Ma l’esiguo vantaggio accumulato sotto questo profilo viene ridimensionato quando si passa all’esame della scelta dei brani.
La selezione si concentra sui lavori del MacAlpine solista – naturalmente quelli pubblicati sotto l’egida Shrapnel – tralasciando dunque le varie collaborazioni con Steva Vai, Planet X, Mark Boals e via dicendo, oltre che naturalmente la prima e unica fatica del supergruppo M.A.R.S.. La quantità di materiale disponibile resta comunque notevole, e sulla qualità non serve neppure soffermarsi. Eppure lascia un po’ interdetti la scelta di non affiancare alla (neo)classica ‘Wheel of Fortune’ un gioiellino come ‘Taker’, magari al posto della buona, ma non ottima. ‘The Witch and the Priest’. O, per spostarci su produzioni più recenti, di non trovare una ‘Avenger’ o una ‘Isis’ dall’ultimo ‘Chromacity’. In fondo – che diamine! – quanto mai poteva costare aggiungere ancora due o tre pezzi, tanto per rendere il prodotto un poco più appetibile, se non altro ai fan dell’ultim’ora?
Nulla da fare. Ciliegina sulla torta: analogamente al caso di Vinnie, chi fosse in possesso del maiuscolo esordio ‘Edge of Sanity’, e magari di uno qualsiasi tra ‘Premonition’, ‘Madness’ o ‘Chromacity’, si ritroverebbe tra le mani già una buona metà del pacchetto.

C’è insomma qualcosa che non va nella logica che ha portato alla pubblicazione di questo sedicente best-of, e la scusa del “ripercorriamo la carriera di questo grande artista e seguiamo l’evoluzione del suo stile” ormai non regge più. Se proprio si volesse fare una collezione seria e onesta del meglio della produzione di Tony MacAlpine, solista oppure no, i criteri da seguire dovrebbero essere ben altri.
Come nel caso di Moore, tuttavia, la musica racchiusa in questo dischetto è tutt’altro che scadente, e il relativo beneficio che potrebbe trarne l’ascoltatore occasionale spinge ancora una volta a concedere la sufficienza. Ma va da sé che se l’uscita di prodotti sifatti divenisse la regola, il metro di giudizio si farebbe necessariamente più severo.

Tracklist:
01. Wheel Of Fortune (Edge of Insanity ’86)
02. Agrionia (Edge of Insanity ’86)
03. The Witch And The Priest (Edge of Insanity ’86)
04. Edge Of Insanity (Edge of Insanity ’86)
05. Champion (Freedom to Fly ’92)
06. Rats With Wings (Madness ’93)
07. The Violin Song (Premonition ’94)
08. Tower Of London (Premonition ’94)
09. The Sage (Evolution ’95)
10. Time Table (Evolution ’95)
11. Christmas Island (Chromacity ’01)
12. Chromaticity (Chromacity ’01)

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