Recensione: The Sick, the Dying… and the Dead!
Anno Domini 2022: ogni metalhead che si rispetti ha evidenziato una data ben precisa sul calendario: venerdì 2 settembre. Un giorno di fuoco e acciaio, in cui una delle istituzioni dell’intera scena metallica ha deciso di effettuare il proprio comeback discografico, intitolato “The Sick, the Dying… and the Dead!”. Stiamo ovviamente parlando dei Megadeth che a sei anni dall’acclamato “Dystopia” – lavoro che ha sancito la totale rinascita della formazione americana – tornano in pista con un album nuovo di zecca. Un disco attesissimo, capace di generare interesse e curiosità, soprattutto dopo gli avvenimenti che hanno segnato gli ultimi anni della band: la malattia di Mustaine e il caso Ellefson. L’adrenalina è davvero tanta, così come la voglia di ascoltare il nuovo album, inutile nasconderlo. È con queste sensazioni, quindi, che ci addentriamo nella sedicesima fatica griffata Megadeth.
Quello che colpisce subito è la voglia di Mustaine di rievocare l’anima del passato, già a partire dal titolo dell’album. “The Sick, the Dying… and the Dead!” richiama infatti il titolo delle prime tre opere dei Megadeth. Non facciamoci però trarre in inganno: lo avevamo già detto a suo tempo, nella nostra analisi di “Dystopia”, e lo ribadiamo anche in queste righe: non ha molto senso parlare dei fasti del passato e, soprattutto, fare un raffronto tra presente e passato. La storia la conosciamo tutti, sappiamo che i Megadeth, con “Rust In Peace”, hanno scritto il manifesto di un certo modo di intendere il thrash. Questo, però, non ci aiuterebbe a capire i Megadeth di adesso e a comprendere “The Sick, the Dying… and the Dead!”. I Megadeth del presente propongono un heavy metal dalla marcata connotazione thrash e il termine di paragone per “The Sick, the Dying… and the Dead!” non può che essere “Dystopia”. Un concetto che è giusto sottolineare e che non va assolutamente dimenticato.
Partendo da questa riflessione, “The Sick the Dying… and the Dead!” si presenta come il naturale prosieguo del disco del 2016. Come da tradizione Megadeth, il nuovo lavoro poggia su riff monolitici, personali e tritaossa, in cui il marchio Mustaine è facilmente riconoscibile. La solistica è a dir poco stellare, potendo contare su due asce – Mustaine e Loureiro – che non temono il raffronto con nessuno e che, con il passare del tempo, risultano sempre più in simbiosi tra loro. In “The Sick, the Dying… and the Dead!”, inoltre, i Megadeth possono avvalersi del contributo di un terremotante Dirk Verbeuren che, tour dopo tour, è sempre più protagonista all’interno dei meccanismi della formazione americana. Il suo operato dona ai pezzi maggiore dinamica e tiro rispetto a quanto fosse riuscito a fare il suo bravo predecessore, in “Dystopia”. E il basso? Eh, l’assenza di Ellefson sul nuovo album poteva essere un aspetto da non sottovalutare, sebbene Mustaine, in studio, abbia deciso di puntare su Steve Di Giorgio: un nome, una garanzia. Ma si sa, Ellefson è Ellefson, una figura non facile da sostituire, per nessuno. Di Giorgio ha però sfoderato un’ottima prestazione, integrandosi con Verbeuren, nonostante le differenze con Ellefson appaiano subito chiare, a partire dalla scelta dei suoni del basso.
“The Sick, the Dying… and the Dead!”, insomma, è un lavoro ben strutturato, suonato e prodotto, che può contare su delle autentiche mitragliate come ‘Night Stalkers’, ‘Life in Hell’ o la conclusiva ‘We’ll Be Back’, una di quelle canzoni destinate a diventare presenza fissa nei futuri live di Mustaine e compagni. Ma anche quando alzano il piede dall’acceleratore i Megadeth sfornano una serie di chicche niente male, come ‘Killing Time’ – in cui, nel ritornello, compaiono delle melodie che richiamano il periodo “Countdown to Extinction” – la splendida ‘Mission to Mars’, o ‘Junkie’. Da segnalare, inoltre, ‘Célebutante’, una canzone in cui i Nostri sfoderano il loro lato più heavy, tanto che per attitudine sembra un pezzo dei Saxon sparato all’ennesima potenza.
L’album cresce ascolto dopo ascolto, in particolare la seconda parte, dove melodia e impatto vengono maggiormente amalgamati. Arrivati alla sua conclusione, però, ci troviamo ad avere una sensazione, che permane anche dopo ripetuti passaggi sulle casse del nostro impianto: rispetto al precedente “Dystopia” le canzoni appaiono più staccate, fredde, come se in “The Sick, the Dying… and the Dead!” ci fosse un po’ meno cuore e un po’ più testa. Le composizioni, insomma, appaiono meno istintive e più ragionate. Tracce dalla qualità indiscutibile, ma che non riescono a infondere le stesse emozioni che i Megadeth avevano trasmesso con il precedente lavoro. Ad acuire questa sensazione, purtroppo, c’è poi la prova al microfono di Mustaine. La malattia ha lasciato i suoi segni e il nostro Megadave, in studio, non è riuscito a incidere come al solito. È sufficiente ascoltare ‘Dogs of Chernobyl’ per capire a cosa ci stiamo riferendo. Questo è un aspetto che esce anche in altri momenti dell’album, dove Megadave ha fornito una prestazione un po’ più piatta rispetto ai suoi standard. Un vero peccato, soprattutto se consideriamo i pezzi in cui è riuscito a dare il massimo, a essere il Mustaine che conosciamo, tipo la già citata ‘We’ll Be Back’. “The Sick, the Dying… and the Dead!”, inoltre, sfiora i cinquantasei minuti di durata. “Dystopia” ne contava dieci in meno. Un album più “snello” avrebbe forse reso meno evidenti i punti appena sottolineati.
Pretenziosi? Sì, vero. Ma con una formazione del genere è normale sia così. Sia chiaro, però: “The Sick, the Dying… and the Dead!” è un album che conferma quanto di buono i Megadeth avevano mostrato con “Dystopia”. Un lavoro a cui, forse, manca un pizzico di quel pathos che aveva reso magico il precedente full length, ma che sottolinea la ritrovata ispirazione di Mustaine, stimolato da una line-up stellare, affiatata, che lo porta a spingersi oltre, dandogli la voglia di esprimere in musica tutto il proprio essere. “The Sick, the Dying… and the Dead!”, insomma, è un disco che rappresenta al cento per cento i Megadeth del 2022. L’appuntamento, ora, è in sede live, territorio dove questi Megadeth sanno dare il meglio di sé, con prestazioni in grado di spazzare via tutto e tutti. I Megadeth sono tornarti: prendere o lasciare.
Marco Donè