Recensione: The Silent Howling
Corsi e ricorsi storici, e i Sinister continuano comunque a lasciarsi le vicissitudini dietro le spalle e a portare avanti il verbo del death metal, quello solido, olandese, una garanzia. Garanzia non solo di coerenza e qualità, ma anche e soprattutto di creatività, di incapacità di adeguarsi alla corrente: no, loro guidano la massa, ancora oggi. Lo fanno con un album uscito quasi in sordina, senza un enorme battage promozionale, anzi: quasi che la Massacre Records, l’etichetta che sta raccogliendo tutto il roster dismesso dalla Nuclear Blast, non abbia gli strumenti o l’interesse a spingere i propri gruppi sulle copertine dei magazines, anche di The Silent Howling troviamo solo qualche trafiletto qua e là, e non basta alla folla di fan o potenziali ascoltatori per capire quanto un gruppo come il loro sia valido.
Questo album è prima di tutto una svolta: dopo il già evoluto Afterburner, qui ci votiamo a dosi massicce di melodia, come mai i Sinister ci hanno abituato sinora, e con tanto di uso di tastiere qua e là. Niente di svedese, tutt’altro, ma in pezzi che durano mediamente più di sei minuti ciascuno gli olandesi hanno saputo inserire passaggi interessantissimi: dagli arpeggi lunghi, evocativi e profondi della title-track, vera e propria suite di 10 minuti, sino alle armonie orientaleggianti di Palace Of The Fates, con la sua andatura lenta e cadenzata. Non è però solo la melodia a rendere i pezzi del disco velocemente assimilabili, ma anche e soprattutto un feeling “catchy”, un modo di strutturare i pezzi intorno a riff o chorus ben definiti, ripetuti, a volte persino anthemici: è il caso della bellissima opener Republic Of The Grave, che fa venire voglia di urlare quelle due linee di ritornello che volevamo, da un gruppo death metal europeo.
Attenzione però, come prevedibile il trademark dei Sinister resta, eccome se resta: l’oscurità del loro death metal è garantita in primis dalle vocals, forse le migliori mai avute dal gruppo (dopo la non eccellente esperienza con Rachel Heyzer, restava molto lavoro da fare…) dai tempi di dischetti come Cross The Styx o Hate… L’ex batterista e leader Aad Kloosterwaard compie infatti un lavoro perfetto, con una timbrica trascinata, cupa, ma senza quello sforzo che rendeva difficili da apprezzare i tentativi della sua ex-moglie; e dona al tutto quell’atmosfera malata che a un disco death metal serve comunque: non è infatti tanto la quantità di melodia inserita a snaturare il genere, ma l’incapacità di molti gruppi di usarla per ottenere il mood che il termine “death metal” identifica.
E come fanno, per dire due casi eclatanti, Nile e Behemoth nel loro personalissimo stile, anche i Sinister mettono sul piatto un disco che grida al mondo l’importanza della loro opera. Grida vendetta la sottovalutazione dei loro dischi, come griderà vendetta la scarsa diffusione di questo: iniziamo a darne la giusta importanza a partire dal voto, dalla recensione, e speriamo che la loro storia riparta anche in termini di vendite da quanto davvero si meritano.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Republic of the grave 05:29
2. Summit of sacrifice 06:52 [mp3]
3. Fortified bravery 06:16 [mp3]
4. The silent howling 10:16
5. The kill to come 05:57
6. Palace of the fates 06:19
7. If it bleeds 06:37