Recensione: The Silicon Age

Di Fabio Vellata - 12 Maggio 2012 - 0:00
The Silicon Age
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Genere:
Anno: 2012
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82

Quando il talento c’è, non esiste la necessità di avere alle spalle grandi sponsor ed enormi strutture. Quando il talento c’è, si percepisce al primo colpo e basta l’intuito di un’etichetta davvero abile nel scovarlo, per metterlo in luce e renderlo scintillante come una gemma preziosa.

E pare davvero che i Golden Sextion, newcomers from Modena, di talento ne abbiano a secchiate.

Nato nel capoluogo emiliano nel corso del 2007, il quartetto guidato dal singer Fabio Dessi e dal bassista Fausto Giovannini è un esempio a dir poco sorprendente di quanto di buono si agiti nei più reconditi recessi dell’underground nostrano. Sin dai recenti esordi alla ricerca di una miscela musicale dai sapori moderni ed attuali, pur se ancorata entro la rigida descrizione che definisce il primigenio ed originario hard rock, il gruppo modenese potrebbe essere – senza timori di alcun tipo – descritto come la più credibile, convincente e riuscita risposta tricolore all’imperante dominio delle avanguardie americane in settori evoluti e contemporanei.
 
Potenti come gli Alter Bridge, selvaggi alla pari dei Black Label Society, melodici quanto i Nickelback, talvolta affilati come i Pantera ed i Machine Head, e soprattutto, pervasi da una tensione emotiva “hi tech”, visionaria e palpabile, tale da incollare letteralmente le orecchie agli speaker per l’intera durata del cd, i Golden Sextion non sembrerebbero di certo i figli prediletti della tradizione rock più classica e radicale.
Eppure, se questo genere, per definizione si nutre di sensazioni forti, chitarre imponenti e ritmiche muscolose, questa giovane realtà di casa nostra può a buon titolo fregiarsi del nome di ottima hard rock band, mostrando di averne assimilato in massima parte tutti i dettami e le logiche compositive.
Freschi, adrenalinici, mai banali, dotati di un impianto tecnico in termini di produzione dei suoni (responsabile di una buona parte del successo di questo cd) e di semplice competenza strumentale, di prima grandezza ed assoluta efficacia, i brani elaborati dal gruppo mostrano amplissimi motivi di soddisfazione per chiunque riesca ad apprezzarne le sfumature e la vitale esuberanza sonora. Invero ottima, infatti, a partire dal chitarrista Andrea Lusenti e dalla voce energica ed abrasiva del già citato Dessi, la preparazione dei singoli, di certo molto superiore rispetto quanto si potrebbe supporre nel descrivere una band al debutto.

Dal significativo titolo di “The Silicon Age”, manifesto simbolico dei concetti espressi nei testi di canzoni profondamente connesse con la realtà di un’epoca contraddittoria ed incerta come l’attuale, l’opera d’esordio sulla lunga distanza dei Golden Sextion prospera su di un felice e riuscito connubio tra suoni voluminosi ed assoluta e totale facilità d’ascolto.
Per lo più accattivante e comunicativo, il songwriting riesce a rivelarsi emozionante ed intenso, ricco di parti corali e di momenti di massima enfasi. Una formula che risulta particolarmente vincente in episodi di grandissimo impatto come “White Wall”, “Portrait”, “Hidden Truth” e “From High”, senza dubbio vette indiscutibili del disco, in cui apprezzare non solo la grande prova vocale di Dessi, ma pure una verve sonora avvincente ed in grado di offrire sensazioni suggestive, adrenalina da allarme rosso e magniloquenti assolo chitarristici.
Un pensiero, spericolato ma nemmeno così fuori bersaglio, potrebbe suggerire una sorta di Nickelback (forti i riferimenti presenti qua e la) ispessiti e filtrati attraverso le “lenti” di mr. Devin Townsend.
La band di Chad Kroeger è poi l’evidente punto di contatto nella lenta e sentita “So Far From This Day”, pezzo in cui rilevare l’ennesima, eccellente dimostrazione di maestria da parte del chitarrista Andrea Lusenti.

Quando poi i quattro giocano a mischiare il modern rock con le ritmiche e la violenza dei Machine Head e dei Pantera, quel che ne esce è heavy incandescente, dal groove sontuoso e assassino: “Sex n’Roll”, “Saints Are Gone”, “Hi Tech Love”, “Jesus On My Back” e “My Pain” (pezzo ispirato alla dolorosa vicenda della povera Eluana Englaro) colpiscono per la commistione tra spunti moderni e voracità heavy, espressa da cori ai limiti dell’hard core incazzoso e metropolitano.

Le citazioni a tecnologia e contemporaneità, si manifestano poi in via definitiva nella grandiosa title track, traccia sorretta da un basso profondo in versione Killing Joke, su cui costruire un rifferama corposo, straripante ed intenso.

Presi uno ad uno, i brani elaborati dai Golden Sextion per questo debut album sorprendono per qualità e maturità compositiva, completezza degli arrangiamenti e bravura strumentale messe in campo. Tutti elementi che contribuiscono nel formulare un’impressione altamente positiva e favorevole di “The Silicon Age”.

Nel roster della abile logic(il)logic, ecco dunque manifestarsi il vero pezzo pregiato della collezione.
Un gruppo su cui puntare ad occhi chiusi per il futuro ed una scommessa, date le grandiose premesse, già vinta in partenza.

Proprio come riferito all’inizio, quando c’è il talento…

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Tracklist:

01.    Hi-Tech Love
02.    White Wall
03.    Sex n’Roll
04.    Portrait
05.    So Far From This Day
06.    Jesus On My Back
07.    Saints Are gone
08.    The Silicon age
09.    Hidden Truth
10.    My Pain
11.    From High

Line Up:

Fabio Dessi – Voce
Fausto Giovannini – Basso
Gianvittorio Vandelli – Batteria
Andrea Lusenti – Chitarra

 

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