Recensione: The Singularity
Singolarità fisica: punto centrale rispetto a un buco nero, nei pressi del quale, e dentro il quale, si è al cospetto di un singolare approccio al tempo e allo spazio. In tale punto, l’attrazione gravitazionale tende all’infinito; così come dimostrato dalla teoria nella singolarità matematica. Evidentemente ferrati sull’argomento, i canadesi Divinity incentrano su di esso “The Singularity”, secondo full length della carriera (debuttata con “Allegory”, nel 2007). Inizialmente autoprodotto con relativa uscita nell’underground nel dicembre 2009, l’album è stato presto notato dalla Candlelight Records, che ha messo quindi il gruppo sotto contratto per immettere l’album medesimo nel mercato internazionale.
I Divinity agiscono dal 1999, anno di formazione dopo il quale iniziano ad affinare con costante progressione il loro stile partendo da un primo EP (“Intensify”, 2002), passando per due demo (“The Infinite Cycle”, 2002 e “Modern Prophecy”, 2004), “Allegory” e arrivando quindi a “The Singularity”. Questa breve biografia del gruppo serve a fissare la passione dello stesso per l’astrofisica, come ben mostrato nella stupenda copertina, rappresentante l’ipotetico contatto fra la razza umana e il punto di singolarità sopra descritto.
Tutto quanto, perché la musica dei Nostri è evidentemente ispirata alle sensazioni e alle emozioni che – s’immagina – potrebbero provarsi di fronte alla visione dell’incommensurabile fenomeno fisico.
Quindi, una musica evocativa, carica d’emozioni; spinta da un motore death di potenza straordinaria (“Monsters Are Real”, “Formless Dimension”). Questo death è contaminato da venature prog (“Lay In The Bed You’ve Made”, “Approaching The Singularity”) e thrash (“Beg To Consume”), che contribuiscono a incrementare la molteplicità delle soluzioni trovate dal combo nordamericano. L’effetto che riescono così a generare nel cervello dell’ascoltatore rimanda fondamentalmente a due sensazioni: freddo e profondità. Che, guarda caso, si possono rinvenire anche osservando con attenzione l’artwork e che, anche, si accostano perfettamente alle tematiche affrontate in “The Singularity”. L’accordatura bassa delle chitarre (“Abiogenesis”), gli improvvisi rallentamenti, il riffing dall’andamento a volte meccanico (“Abiogenesis”), l’hyper slow a cavallo delle frequenze più basse (“Transformation”), i campionamenti ambient in sottofondo (“Monsters Are Real”) possono far ricordare i Fear Factory di “Mechanize” e gli Oceano di “Depths”; tuttavia la spiccata propensione per il prog fa si che – alla fine – lo stile del quintetto di Calgary, pur non particolarmente innovativo, sia personale e, appunto, singolare!
L’innesto di elementi progressivi da cioè il famigerato «tocco in più», arricchendo il death di base che, in ogni caso, è moderno e già elaborato di per sé. Impressionante, a tal proposito, il lavoro svolto da Nick Foster e Brett Duncan per la varietà ed efficacia della trazione ritmica, mai ripetitiva, agile e potente fra i vari blast beats (“Emergent”, “Transformation”). Le chitarre di James Duncan e Sacha Laskow forgiano decine e decine di riffs durissimi di metallo resistente ai viaggi interstellari (“Approaching The Singularity”, “Embrace The Uncertain”), inerpicandosi sulle corde più fini per dare il senso di vertigine derivante dal precipitare nel vuoto (“Monsters Are Real”, “Formless Dimension”). A tutta questa complessa macchina musicale non manca l’accessorio più immediato: la melodia (“Embrace The Uncertain”). Sean Jenkins oltre che nel growling più brutale (“Emergent”), sa rigirarsi bene anche nelle parti in scream (“Beg To Consume”) e in clean (“Lay In The Bed You’ve Made”) deputate, queste, alla resa dei refrain. La ricerca della singolarità fisica non può prescindere dalla teoria delle stringhe, che fornisce o meglio cerca di fornire una risposta univoca per le manifestazioni dello spazio e del tempo che ci circondano. La più sopra menzionata unicità del sound dei Divinity pare incredibilmente risolvere questa teoria per approcciarsi alla singolarità, luogo ove, forse, alberga la Divinità.
Riassumendo, con “The Singularity” i Divinity riescono a essere coerenti con la filosofia che sta alla base sia delle musiche sia dei testi: viaggiare fra le galassie solo e soltanto con il vettore musicale, per sondare le infinite profondità dell’Universo, alla ricerca dell’Uomo. Un viaggio nella scienza e nella fantascienza. Originale e, soprattutto, riuscito.
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Track-list:
1. Abiogenesis 2:10
2. Beg To Consume 4:22
3. Lay In The Bed You’ve Made 4:35
4. Emergent 4:42
5. Transformation 6:11
6. Monsters Are Real 5:29
7. Embrace The Uncertain 6:44
8. Formless Dimension 4:41
9. Approaching The Singularity 6:08
Line-up:
Sean Jenkins – Voce
James Duncan – Chitarra
Sacha Laskow – Chitarra
Nick Foster – Basso
Brett Duncan – Batteria