Recensione: The Singularity (Phase I: Neohumanity)
A dieci anni esatti dall’origine, gli svedesi Scar Symmetry festeggiano a modo loro il compleanno con la pubblicazione del sesto full-length, che segue l’ormai lontano “The Unseen Empire” del 2011. Un periodo di tempo necessario a Henrik Ohlsson per sviluppare prima e riassumere poi un concept immenso, basato sull’unicità del genere umano nell’Universo e sul suo futuro. Racconto che, con “The Singularity (Phase I: Neohumanity)”, vede per l’appunto la nascita del primo capitolo.
La band di Avesta, diventata nel frattempo un quintetto con la dipartita dell’axe-man Jonas Kjellgren nel 2013, con questo lavoro pare per prima cosa mettere fine a quel senso d’indeterminatezza stilistica che pervadeva “The Unseen Empire”; nel senso che appare evidente la direzione ora intrapresa: death metal melodico modernissimo, ricchissimo di elementi armonici elaborati ‘per piacere’. Esattamente come accaduto con decine di ensemble partiti con proposte più o meno aggressive, gli Scar Symmetry hanno via via addolcito il proprio sound rifinendolo finemente e anzi agghindandolo di elementi propri dell’hard rock se non addirittura dell’AOR (sic!: “Limits To Infinity”). Al contrario di quanto accaduto con altri colleghi, tuttavia, non c’è stato un grande depotenziamento in termini di energia sonora, che si mantiene difatti costante su alti livelli come dimostrano per esempio le sfuriate dei blast-beats di “Technocalyptic Cybergeddon”. Una dimostrazione di grande classe e di coerenza artistica, questa, poiché la ricerca di soluzioni assolutamente orecchiabili non ha intaccato la parte viva del sound dell’ensemble scandinavo, a volte davvero violento e rabbioso ora come due lustri fa.
La volontà di ideare e rendere concreto in parole e musica un concetto complesso come quello inerente la singolarità degli uomini nel contesto del Cosmo, inoltre, non ha fatto perdere ai Nostri la distanza con la realtà. Pur evidenziando in ogni frangente una tecnica sopraffina, Roberth Karlsson e i suoi compagni evitano di complicare troppo la questione non perdendo mai il focus dal soggetto principe del rock: la canzone. “The Singularity (Phase I: Neohumanity)”, del resto, non dura neppure poi molto, e i brani che lo compongono, seppur echeggianti prog metal in qualche frangente (“Neohuman”), mantengono una linearità e limpidezza esemplare. Centrando tutti l’obiettivo di possedere ciascuno una grande personalità entro un insieme di componenti similari, legati assieme da un unico filo conduttore. Che è il mood, l’anima, il carattere del platter. Song come la già menzionata “Neohuman”, con la loro incredibile melodiosità, percorrono con disarmante semplicità gli assoni che collegano i neuroni deputati al piacere dell’ascolto. E, proprio qui, Per Nilsson sciorina – primo ma non ultimo – un solo di chitarra eccezionale, da prendere come metro di paragone per misurare l’ampiezza dei sogni. Resi vividi, colorati, intensi dalle stupende partiture intessute dalle tastiere manipolate dallo stesso Nilsson. Con la vetta, almeno in termini di clamorosa efficacia del refrain, della più su citata “Limits To Infinity”, hit del disco e sicuro successo da mainstream.
Lasciando perdere tali ultime considerazioni… di mercato, la qualità artistica di “The Singularity (Phase I: Neohumanity)” è talmente elevata che non c’è neppure un minuto secondo ‘vuoto’, nel lavoro. Basti pensare a “Cryonic Harvest” e a “The Spiral Timeshift” che, pur avendo un umore meno scoppiettante e ‘convenzionale’ rispetto a “Limits To Infinity”, rivelano sotto il loro guscio passaggi di rango estremamente raffinato, ricercato e, soprattutto, dalla statura artistica memorabile. Sino a raggiungere il punto di arrivo per gli altri capitoli della saga che verranno, e cioè la suite “Technocalyptic Cybergeddon”. Come detto, è qui che gli Scar Symmetry scatenano tutto il loro furore metallico con il possente growling di Roberth Karlsson e i blast-beats di Ohlsson. Naturalmente, non mancando di deliziare i palati con mirabili, stupefacenti orchestrazioni di stampo fantascientifico e cascate di guitar-solo scintillanti.
Insomma, difficile anzi impossibile trovare dei difetti in “The Singularity (Phase I: Neohumanity)”. Il che, in estrema sintesi, è tutto dire.
Daniele “dani66” D’Adamo