Recensione: The Sinner’s Sake
Spesso il confine fra melodic death metal e power metal è labile. In certi casi, labilissimo. Come in questo dei tedeschi Nothgard che, con il nuovo arrivato, “The Sinner’s Sake”, raggiungono il traguardo del terzo full-length in carriera.
Sì, perché, in fondo, a fare la differenza fra i due generi – nel caso in ispecie – è quasi esclusivamente il growling, neppure troppo bestiale, anzi, del mastermind Dom R. Crey. Tanto per dare un metro di paragone al sound del quartetto bavarese, si potrebbe pensare ai Children Of Bodom, ma in maniera meno incisiva e aggressiva.
Sottigliezze sulla foggia musicale di “The Sinner’s Sake” a latere, quel che importa è il contenuto. Piuttosto vario, articolato, con song anche piuttosto violente (‘Draining Veins’), seguite da languidi slow come la closing-track, ‘Sin Eater’, che si avvale dell’ugola d’oro della vocalist Jen Majura.
Di materiale, in “The Sinner’s Sake”, i Nothgard ce ne hanno infilato parecchio. Variegato, come più su si evidenziava, ma legato comunque a un unico filo conduttore che è lo stile personale della formazione di Deggendorf. Nulla di originale, al contrario, semmai. Tuttavia, il loro onesto sound, i Nostri, in otto anni di attività, sono riusciti a tirarlo fuori e metterlo giù in canzoni. Che, una per l’altra, si mantengono costantemente su un livello tecnico/artistico ma soprattutto artistico (la tecnica è ottima e la realizzazione del CD altrettanto professionale) sufficiente. Buono l’intro epico (‘Glittering Shades’) orchestrale, con rumori ambient, ottimo preludio all’attacco dell’opener-track, ‘From Lambs to Lions’ che, in ottemperanza alla regola dell’opener-track, lascia intendere, di “The Sinner’s Sake”, quel che poi non è. Cioè, un full-length ricco di melodie travolgenti, di pomposità, di epicità e, nondimeno, di potenza debordante. E, difatti, ingannevolmente, spunta ‘Iron Sights’, stupendo brano in cui c’è tutto ciò che ci deve essere nel modern metal o melodeath che dir si voglia. Orecchiabilità, refrain da mandare immediatamente a memoria, riff rocciosi, mid-tempo bello spesso, soli scintillanti e, ultimi ma non ultimi, cori stile metalcore, riottosi e azzeccatissimi nella loro collocazione a fine pezzo.
Ma, purtroppo per loro e per la loro innegabile volontà, il miracolo non si compie. E non poteva compiersi: i Nothgard, seppur tecnicamente preparati, nonché seri ed eccellenti esecutori, difettano di talento compositivo puro. La dimostrazione è peraltro semplice: escluso le già menzionate ‘From Lambs to Lions’ e ‘Iron Sights’, il resto si muove entro i binari di una mediocrità che non consente a “The Sinner’s Sake” di alzarsi troppo in alto, sopra la miriade di proposte a esso similari, finendo inevitabilmente in quest’ultime inglobato.
L’Opera Terza, si dice, sia la prova del nove per un complesso. La commistione tra freschezza ed esperienza, E, se non funziona, non funzionerà la carriera di chi la pubblica. Sinceramente, i Nothgard qualche impulso fuori norma l’hanno scaricato. Al momento, in maniera appena sufficiente per non far brutta figura nel mercato metal internazionale.
Da loro, allora, ci si attende un salto che qualità per il quale, forse, chissà, in qualche antro nascosto della mente di Dom R. Crey, c’è la quantità di carburante artistico all’uopo necessaria.
Daniele D’Adamo