Recensione: The Sky Moves Sideways

Di Lorenzo Maresca - 17 Luglio 2015 - 10:00
The Sky Moves Sideways
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 1995
Nazione:
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83

Una particolare commistione di psichedelia, progressive, space rock, elettronica e ambient caratterizza i lavori giovanili di Steven Wilson, pubblicati con il nome di una band che non poteva ancora definirsi tale. Il musicista londinese, infatti, stava esplorando un progetto nato quasi per scherzo per dare sfogo alla sua creatività, i Porcupine Tree, lavorando in piena autonomia, ma sempre con maggiore impegno e il chiaro intento di restituire vitalità e freschezza alla musica anni ’60 e ’70. The Sky Moves Sideways, terzo full-lenght, può essere considerato l’apice di questa prima fase dei Porcupine Tree, sviluppata anche nel successivo Signify e conclusa con il live album Coma Divine. Al tempo stesso rappresenta un punto di svolta, in quanto entrano a far parte della band alcuni musicisti in pianta stabile: Richard Barbieri alle tastiere, Colin Edwin al basso (presenti come ospiti su un paio di brani del disco precedente) e Chris Matiland alla batteria e percussioni. Ciò nonostante l’album è ancora pesantemente incentrato sulla figura di Steven, che continua a suonare gran parte degli strumenti; gli altri musicisti non compaiono su tutte le tracce e, di conseguenza, non si avverte ancora quella coesione che arriverà con i lavori successivi.

Protagonista assoluta è la title track, una notevole suite, pensata, in un primo momento, come un unico brano di 50 minuti e poi divisa in due parti, collocate in apertura e chiusura del disco. L’atmosfera è da subito surreale, sintetizzatori e chitarre ricche di effetti ci cullano come una lenta corrente, trasportandoci verso una strofa introspettiva. Tuttavia le parti cantate sono in netta minoranza (qui come nel resto dell’album) e la voce lascia presto spazio a una sezione strumentale dai toni più oscuri, con una forte componente di elettronica e un ipnotico groove impresso dal basso. La seconda parte, con il suo epico riff e i suoi lunghi assoli, è altrettanto affascinante. Si è parlato spesso di una somiglianza tra “The Sky Moves Sideways” e il sound dei Pink Floyd, ma sarebbe sbagliato ridurre la suite a una semplice imitazione di “Shine On You Crazy Diamond” o “Echoes”, seppur non manchino le influenze da quei brani. Dai Floyd viene ripresa, semmai, l’idea del lento trip psichedelico in cui abbondano tappeti di tastiera e assoli di chitarra, ma Steven Wilson la reinterpreta a modo suo, secondo uno stile personale che sta ancora maturando; inoltre inserisce sonorità più moderne e non tenta mai di imitare i fraseggi di David Gilmour.
Le tracce centrali sono forse meno famose ma non per questo da sottovalutare: “Dislocated Day” si regge su un minaccioso riff dal sapore orientale, mentre la raffinata “The Moon Touches Your Shoulder” parte in acustico per poi crescere e aprirsi in un incantevole finale. Si passa, poi, alla brevissima e inquietante “Prepare Yourself” e, quindi, alla jam session di “Moonloop”.

Al contrario di quanto accade per la maggior parte dei gruppi, il pubblico non concorda spesso su quali siano i lavori migliori dei Porcupine Tree: alcuni considerano quest’album uno dei più riusciti, e la prima fase in generale più genuina, altri giudicano superiori i dischi successivi. Quel che è certo è che l’uscita di The Sky Moves Sideways ha aumentato in modo significativo i consensi del quartetto inglese, dando il via a un percorso che ha portato non solo la band, ma anche Wilson solista, a un successo globale.

Nota. Nel 2004, forse per rimediare al carattere ancora un po’ artigianale dell’opera, è uscita una versione rimasterizzata con alcune parti incise da Gavin Harrison alla batteria e Theo Travis al flauto, e con “Moonloop” spostata in un secondo CD, assieme ad alcune bonus track.

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