Recensione: The Somberlain
Ogni qual volta mi accingo a riascoltare “The Somberlain”, primo full-length della storica death/black metal band svedese Dissection, non posso fare a meno di considerare come il combo capitanato da Jon Nödtveidt, a dispetto di una produzione discografica quantitativamente piuttosto esigua, sia veramente riuscito a lasciare un segno profondo e indelebile nella storia del genere.
Anche a non voler considerare la notevole influenza che di lì ad oggi avrebbero esercitato sui gruppi posteriori, i Dissection in questo lavoro e nel successivo “Storm of the light’s bane” (1995) hanno fissato molti dei canoni del black melodico di scuola svedese e immortalato due album che, assieme a “Vittra” dei Naglfar, ne sono tuttora gli ineguagliati capisaldi.
Se è vero che il loro capolavoro indiscusso sarà proprio il successivo “Storm…”, il valore e l’importanza del primo, storico capitolo non possono assolutamente essere sottovalutati. Tutti i tratti distintivi propri dell’inimitabile dissection-style sono qui già presenti. Dall’atmosfera fredda e oscura che impregna l’intero album, cui si contrappongono le melodie epiche e talvolta sognanti disegnate dalle chitarre, all’alternanza tra parti più furiose (caratterizzate dall’uso di blast-beatse dal muro di riff freddi e taglienti -anche se mai “caotici”-), mid-tempo maestosi e trascinanti, toccanti e improvvise aperture melodiche e arpeggi acustici dal sapore medievaleggiante. Altra peculiarità dei Dissection “storici” è un songwriting piuttosto complesso ed articolato, con canzoni mediamente abbastanza lunghe, ricche di variazioni e cambi di tempo. È impressionante la disinvoltura con cui le varie influenze musicali sono amalgamate in un tutt’uno che risulta comunque coerente, senza che sia pregiudicata la godibilità delle singole canzoni.
Tutte queste caratteristiche si possono rinvenire nella opener, ovvero quella “Black horizons” che, oltre ad essere una delle migliori song mai composte dal combo svedese, ne rappresenta un vero e proprio manifesto: la traccia si apre velocissima e violenta, con un riff incalzante ma al contempo melodico, accompagnato dai blast-beat di Ohman, e si dipana nell’arco dei suoi otto minuti di durata tra variazioni continue, improvvisi rallentamenti e altrettanto repentine accelerazioni, stacchi melodici di grande intensità, sfociando in un refrain molto ispirato e trascinante, quasi “cantabile”, anche se mai ruffiano. Gli ultimi minuti sono un efficace esempio di quel gusto per i crescendo che i Dissection avrebbero ulteriormente sviluppato nel disco successivo, in pezzi come “Night’s blood” e “Thorns of crimson death”.
Sarei tentato di passare a commentare la successiva, splendida title track, ma una simile analisi song by song mi pare inutile e forse fuorviante: non solo perché la qualità media delle canzoni di “The somberlain” è comunque molto elevata, ma soprattutto perché una simile pietra miliare non può e non deve essere analizzata in modo troppo distaccato e razionale. Per poter comprendere appieno quest’album, al contrario, è indispensabile una certa dose di coinvolgimento, per cogliere tutte le sensazioni che i nostri, con la classe e il grande gusto compositivo che li hanno contraddistinti, riescono tuttora a trasmettere all’ascoltatore.
Beninteso, l’album non è privo di difetti: c’è ancora una certa immaturità e qualche ingenuità di fondo, non tutti i passaggi sono ugualmente brillanti e alcuni rischiano forse di apparire prolissi. La produzione è abbastanza grezza, anche se indubbiamente contribuisce a creare il feeling cupo che permea “The somberlain”. Si tratta in ogni caso di imperfezioni veniali, che non intaccano minimamente il fascino e l’atmosfera che questo disco è in grado di sprigionare.
Ci troviamo, a mio avviso, di fronte a un classico, compiuta testimonianza delle enormi potenzialità di un gruppo che, a prescindere dalle drammatiche e ben note vicende che hanno coinvolto il suo leader, andrebbe ricordato per il valore oggettivo della sua musica e per l’indiscutibile importanza nell’evoluzione del genere. Assolutamente immancabile nella collezione di ogni estimatore del metal estremo di qualità.
TRACKLIST:
Black Horizons 8:10
The Somberlain 7:05
Crimson Towers 0:49
A Land Forlorn 6:38
Heaven’s Damnation 4:40
Frozen 3:44
Into Infinite Obscurity 1:05
In the Cold Winds of Nowhere 4:20
The Grief Prophecy / Shadows Over a Lost Kingdom 3:29
Mistress of the Bleeding Sorrow 4:34
Feathers Fell 0:41