Recensione: The Sorcerer’s Sorrow
“The Sorcerer’s Sorrow” è l’esordio discografico della one man black metal bnand statunitense Anachitis, progetto partorito dall’anima del main-man James Sloan, già chitarrista nel validissimo progetto melodic black Uada.
Che dire, “The Sorcerer’s Sorrow” è davvero un grande disco! Un concentrato di musica sofferente e disperata, parto evoluto della tradizione di metà anni Novanta, quando colossi del genere come Xasthur e Abruptum lasciavano intravedere una nuova espressività estrema oltre le ombre di una corrente artistica già pregna di oscurità e sofferenza. Ma, a volerla dire tutta, tra i meandri di questi brani si fa percepire, nemmeno tanto velatamente, anche una burzumiana presenza dei tempi “Filosofem”.
Inserti più distesi e cori eterei stile primi Alcest, alternati a sfuriate e scream da far gelare il sangue, sono poi il legante espressivo concepito da Sloan. Il riffing è celebrativo, quasi religioso nel suo dipanarsi con densa oscurità lungo i tratti del disco, grazie anche alle tinte shoegaze pennellate qua e là.
I testi accompagnano il malessere espresso dalla musica e si articolano tra urla disperate e momenti di rassegnazione. Morte, desiderio di abbandonare questo mondo, solitudine e annullamento cosmico sono ciò che intesse la sezione lirica dell’album ovvero un susseguirsi di echi soffocati e irreversibili molto ben interpretati dall’espressività vocale dell’artista. Infine, qualche solo alle sei corde di grande qualità innalza la qualità del disco portandolo fuori dai canoni del classico depressive black, affiancandolo di fatto sui livelli artistici e di unicità che competono solo ai grandi della scena. Un grande esordio, ancora una volta pescato fuori dal cilindro di una grande etichetta discografica che continua a dimostrare fiuto per l’arte da ormai quasi trent’anni.