Recensione: The Storm And The Horizon
The Storm & The Horizon è allo stesso tempo l’ultima opera e un’antologia dei pezzi storici degli Skylark. Include pezzi inediti, vecchi brani e numerose chicche come cover, b-side e pezzi risuonati, il tutto reso con un suono pulito e cristallino. Questo speciale digipack offre cinque ore di buona musica e uno splendido booklet. Si tratta di un’occasione unica sia per i fan, che apprezzeranno i nuovi brani e quelli ri-registrati, che per chi non conosce gli Skylark o non li ha mai voluti ascoltare finora per i loro annosi problemi di produzione o per antipatie personali.
Gli Skylark infatti sono un gruppo di rottura, uno di quelli che o si ama o si odia. Non ci sono vie di mezzo quando si discute della band milanese, fin dagli albori della loro carriera. Molti fan sostengono che se i due fondatori del gruppo fossero nati in Germania o in Finlandia, avrebbero avuto un successo simile a quello di Stratovarius o altre grandi band power metal. Purtroppo per loro, o per fortuna, Eddy Antonini e Roberto “Brodo” Potenti non si chiamano Antonilkki e Brodipelto. I detrattori accusano il gruppo di molte colpe, a partire dalla scarsa qualità audio dei primi lavori. Per onestà verso i lettori, devo ammettere che io sto dalla parte di chi ama sinceramente gli Skylark e ritiene che siano una delle migliori realtà del metal italiano ed europeo. Il gruppo ha suonato fin dal principio un power metal barocco e neoclassico che si distingue per un sound unico, impreziosito dai virtuosismi alla tastiera di Eddy. Purtroppo le prime opere sono afflitte da una resa sonora che non rendeva giustizia alle composizioni. Uno poi si ricredeva ascoltandoli dal vivo.
L’esterofilia poi, è sempre in azione. Se i dischi di Bathory hanno un suono impastato e ogni tanto si sente un tagliaerbe in sottofondo, il fan li ritiene ancora più di culto. Se un gruppo italiano, promettente e non banale, ha dei difetti nell’audio ma idee fresche e interessanti, fa schifo. Purtroppo per Eddy e Brodo, nessuno è profeta in patria e lo diceva uno che la sapeva lunga.
A parte le facezie, sto scrivendo di un gruppo che, tra alti e bassi, ha appena compiuto vent’anni di carriera e che ha deciso di chiudere i battenti con un’opera monumentale: “The Storm & the Horizon”. Titolo che fa il verso al primissimo disco autoprodotto dei milanesi, che ha un nome quasi uguale: “The Horizon & The Storm”.
Il prodotto che andrà ad adornare il vostro scaffale è incredibilmente curato. Ci sono una trentina di pagine di booklet e 4 CD con cinque ore circa di musica. Il digibook è alto il doppio di un CD normale, come succede spesso con le uscite degli Skylark. Nei dischetti trovate 3 ore e mezza di nuove registrazioni e una compilation di vecchi pezzi uscita precedentemente in Sud America e in Giappone e mai stampata prima in Europa.
Ma veniamo al dettaglio, ovvero, di cosa si compongono queste cinque ore di musica? Il primo CD è The Storm & The Horizon, ovvero il nuovo album. Il secondo CD Eyes è un’appendice del nuovo disco, con b-sides e pezzi cantati da altri cantanti. Il terzo CD, The Road To The Light è la compilation mentre il quarto è il remake totale di Dragon Secrets, il primo successo degli Skylark.
Dall’album Twilight of Sands del 2002 gli Skylark producono i propri dischi negli Stati Uniti. Il tecnico del suono che ha lavorato sul disco è Jeremy Parker, uno che ha lavorato con gruppi del calibro di Trivium e Slipknot.
Ok, tutto molto bello, ma come sono questi pezzi? Nel primo CD, The Storm & The Horizon, mi piacciono molto sia i brani più metallici, come l’opener “The Kiss That Never Happened” e “Road to Heaven”, che quelli più soft come “Just One Word”. Trovo esaltante la cover di “Mazinga” ma in generale non vado matto per le altre canzoni giapponesi distribuite nei primi due dischi. Le cover di Bon Jovi ci comunicano l’amore di Eddy per l’artista statunitense ma mi lasciano freddino. Da vecchio nostalgico ho però trovato parecchie soddisfazione nel secondo CD, “Eyes”, con perle come “She”, “Love Song” ma soprattutto una sognante “The Crypt of Monmartre” per la prima volta – almeno a mia memoria – cantata da una voce femminile.
Se avessi dovuto valutare solo i primi due CD, avrei assegnato un voto medio alto, attorno a 80 ma nulla di più. Guardando all’opera completa, mi sento di promuovere questa ultima fatica a un classico. Il terzo e il quarto CD, infatti, aggiungono un enorme valore all’opera. Chi già apprezza gli Skylark avrà un grande numero di pezzi inediti e ri-registrati. Il terzo CD in particolare è una compilation di brani dai vecchi CD Skylark e dal solista di Eddy Antonini “When Water Became Ice”. Sfiderei i detrattori a oltranza del gruppo ad ascoltare di fila questi diciotto brani e a rimanere sulle proprie tesi. Per quanto mi riguarda, credo che potrei ascoltare il contenuto di questo dischetto in eterno.
Infine, c’è l’intero Dragon Secrets portato alla gloria delle nuove tecnologie da studio. Si tratta di un buon album, non è il mio preferito ma è veramente un piacere riascoltarlo con una qualità audio finalmente apprezzabile e le nuove voci femminili. A proposito, tra i motivi di frizioni tra gli Skylark e il resto del mondo c’è stata proprio la scelta di passare dalla voce maschile a quella maschile. Anche in questa ultima produzione troverete pochi maschietti e una valanga di fanciulle. Che sia una scelta artistica o marpiona, ce la dobbiamo tenere. Io preferivo il sound della voce maschile ma forse era solo una questione di abitudine e, si sa, siamo tutti resistenti al cambiamento.
Post Scriptum: il voto è relativo al prodotto fisico in qualità di pezzo da collezione. Al momento è disponibile sul sito di Underground Symphony e nei pochi negozi specializzati ancora rimasti in vita. Non mi sentirei di consigliare l’acquisto su piattaforme digitali perché ne perde lo spirito collezionistico. Solo il cofanetto per intero ha la nobiltà per essere inserito tra i Classici di Truemetal.it. Attenzione: questo album non entra tra i Classici un tanto al chilo, solo perché al costo di un disco si comprano 5 ore di musica; ma perché chi scrive ritiene che gli Skylark meritino un premio alla carriera, in qualità di gruppo fondamentale della storia della musica metal italiana e non solo.