Recensione: The Straddlerz

Di Vito Ruta - 27 Febbraio 2021 - 15:30
The Straddlerz
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L’agiografia ufficiale vuole che, nell’anno domini 2018, la procace singer italiana Linda Filippin e il dotato chitarrista argentino Michael Reynal, accomunati dall’amore per l’hard rock e dalle frustrazioni derivanti dal non avere ancora sfondato, si aggirino, armati esclusivamente della fede incrollabile nei loro sogni e nelle loro capacità, per le vie della Grande Mela.

All’affannosa ricerca del locale, presso cui un’amica in comune gli ha procurato un ingaggio, i due, ancora senza un nome ufficiale, procedono a zig zag…. quando ricevono l’illuminazione: “Eureka! Ci chiameremo The Straddlerz.” e nascono così, per l’appunto, The Straddlerz.
Con in tasca il logo nuovo di zecca, il duo sigla un sodalizio, pone la base operativa in Italia e si mette a lavorare duro sull’omonimo album d’esordio che vede la luce nel gennaio 2021.

Il lavoro, che ha un certo fascino underground, offre momenti di sana e divertente violenza urbana e permette alla coppia di fare, in più di un’occasione, la propria “porca” figura.
Nulla da obiettare sull’instancabile e veloce Michael Reynal che, dalla prima nota del primo pezzo sino all’ultima del brano di chiusura, sfodera, con consumata padronanza, tutto l’armamentario del chitarrista rock di razza, spaziando da approcci classici a soluzioni attuali.
Dell’altra colonna portante dei The Straddlerz (che in passato si è messa in luce con il gruppo carpigiano Karne Kattiva) vi è da dire che quello che manca nella tecnica, non ancora perfettamente affinata, viene compensato dal carattere.
La personalità esuberante, provocante e irriverente di Linda Filippin porta, infatti, a perdonarle qualche incertezza.

Ottimo l’inizio con “No Changes”, brano aggressivo, molto curato nella parte vocale, con refrain orecchiabile, che vede Reynal dare tutto, da subito, e prodursi in un lunghissimo, ipnotizzante, assolo.
Streets of Love” richiama atmosfere losangeline e sarebbe un brano perfettamente riuscito se la singer non avesse osato troppo, spingendosi nel chorus su tonalità eccessivamente alte che risultano forzate.
Addiction” è un brano a suo modo intrigante. Da un abbrivio d’atmosfera si passa ad un innalzamento di tono e velocità che Reynal, abilissimo a cogliere la palla al balzo, sfrutta per spadellare un altro solo coi fiocchi. Purtroppo, anche in questo caso, l’interpretazione vocale sembra poco naturale.
Ci riprovano a far centro e ci riescono con “Circle of Insanity” che, introdotta da un arpeggio soft, si rivela ben presto indiavolata, grazie ad un riff più che robusto e al piglio convinto della vocalist, questa volta, non sopra le righe.
Segue “Open Your Eyes”, traccia, altrettanto dura e strafottente.

E’ alla traccia numero sei che, però, si compie il miracolo.
Don’t Go Away” è un brano magico, scalpitante e sincopato in cui Linda Filippin si produce nella interpretazione più convincente e matura dell’intero album, evocando, nell’impostazione stralunata e impastata, la regina Amy Winehouse.
Si torna sulla terra, nella città degli angeli, con il riff di reminiscenza Guns n’ Roses di “I’m alive” ad assaporare le atmosfere eighties convulse e decadenti del Sunset Boulevard.
Without You” è un altra botta di adrenalina che introduce l’ultimo pezzo “Junkie Bastard”, bello potente, in cui la voce sensuale di Linda Filippin, novella Courtney Love, tiene banco, mentre Michael Reynal si impegna, come al solito, nella febbrile tessitura di un fitto tappeto di note.

Mantenendo la passione viscerale che sembra pervaderli i The Straddlerz sapranno certamente, in futuro, trovare la loro strada, valorizzando le proprie caratteristiche.
Basterà loro essere sé stessi.
Non c’è una ricetta codificata, né una via prestabilita nella scalata al successo, di cui il duo sembra avere grande fame, e a volte si raggiunge il risultato mediante tentativi.
Alla cima si può ascendere non solo in linea retta, ma anche zigzagando!

 

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