Recensione: The Sunken Threshold

Di Giuseppe Abazia - 8 Febbraio 2007 - 0:00
The Sunken Threshold
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Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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77

Un demo, un EP, e i Wreck of the Hesperus erano già una delle più grandi promesse del doom moderno. Finalmente qualcuno che proponesse qualcosa di veramente originale e fuori dagli schemi! Nessuno, nel doom, aveva mai mischiato così tante influenze in modo così efficace: sludge, funeral, psichedelia, soundscapes industriali, samples da film (che donavano alla musica un sapore squisitamente retrò), organi maestosi, e una spiccata passione per il rumore, per la pura potenza sonora (accostabile a quanto propugnato dagli Electric Wizard). Quello che, detto così, potrebbe sembrare un calderone sconclusionato di elementi, trovava il suo perfetto ordine e la sua coerenza nei Wreck of the Hesperus, che con Terminal Dirge e Eulogy for the Sewer Dwellers hanno confezionato due piccole gemme di originalità, di qualità e di puro genio compositivo. Dopo tali premesse di eccellenza, le aspettative intorno al loro primo full-lenght erano tante, e finalmente The Sunken Threshold è qui per riportarci nelle atmosfere malate e allucinogene dei Wreck of the Hesperus

Purtroppo però, le promesse non sono state del tutto mantenute. Sorprendentemente, i Wreck of the Hesperus hanno tolto il piede dall’acceleratore della sperimentazione, e hanno semplificato il loro sound in favore di un approccio più diretto e brutale, la cui potenza non va più ad incanalarsi nelle molteplici sfaccettature del loro eclettismo, ma è invece sparata direttamente nelle orecchie dell’ascoltatore senza tanti fronzoli. Questo vuol dire che The Sunken Threshold è un brutto album? No, tutt’altro, è un disco ottimo, ma che potrebbe lasciare un po’ l’amaro in bocca a chi dei Wreck of the Hesperus aveva apprezzato la vena più sperimentale. Ma procediamo ad analizzare ciò che questo gruppo irlandese ci propone con la sua ultima fatica.

Probabilmente, ciò che più colpisce del sound dei Wreck of the Hesperus sono la sua potenza e la sua imponenza. Qui a farla da padroni sono il basso e la batteria, che compongono una sezione ritmica devastante, rumorosa, incalzante. A tenere le fila della musica, più che la melodia (pur presente), è il ritmo, scandito da una batteria complessa e tentacolare, che a volte viene addirittura lasciata da sola in un tripudio di puro groove; il basso, che in altri gruppi spesso assurge al ruolo di accompagnamento, qui ha un’importanza fondamentale (come testimoniato anche dal primo piano riservatogli nel mix), e crea un muro di pesantezza invalicabile, rende l’atmosfera cupa e plumbea, e dona una palpabile corposità al sound. La chitarra, stranamente, ha un suono più piatto e unidimensionale rispetto alla possenza e alla potenza sfoggiate nel demo e nell’EP: imputabile forse alla produzione, che sorprendentemente è meno pulita e potente rispetto al passato. Il risultato finale rende il sound più asciutto e minimale, ma purtroppo relega anche la chitarra ad un ruolo minore rispetto alle capacità di cui abbiamo avuto prova nelle loro precedenti uscite discografiche. La voce invece conserva intatte le sue caratteristiche: uno scream graffiante, folle, delirante, che di tanto in tanto si abbassa di tonalità fino a diventare un growl. Ancora presenti samples qui e lì a variegare l’andamento delle canzoni, sebbene in misura minore rispetto al passato, mentre, come si è già detto, sono state ridotte sensibilmente le sperimentazioni a cavallo fra noise e industrial. L’album è composto da tre lunghe tracce che sfociano conseguenzialmente l’una dopo l’altra (come se fosse un discorso unico), omogenee nello stile, col loro incedere perennemente lento e sfibrante, e con le loro atmosfere putride, marce, striscianti, sporche, cariche di odio, degne dei migliori racconti di Lovecraft.

Un album quindi riuscito, ma non del tutto. Preso a sè stante, The Sunken Threshold, è uno dei migliori esempi di sludge doom che siano usciti ultimamente: pesante, concreto, ottimamente composto e suonato, e dotato di un’atmosfera orrorifica estremamente riuscita. Confrontato con Terminal Dirge ed Eulogy for the Sewer Dwellers, invece, l’album ne esce ridimensionato per via della minore sperimentazione, della maggiore semplicità strutturale, e della produzione di qualità inferiore. Chi avesse trovato fastidioso l’eclettismo ostentato nei due precedenti EP, farebbe bene a dare ai Wreck of the Hesperus una seconda possibilità, e sarà ripagato con una delle esperienze più pesanti e prive di compromessi che si possano trovare nel genere. Chi invece apprezzava anche la loro vena sperimentalista, probabilmente troverà lo stesso The Sunken Threshold un ottimo prodotto, capace di soddisfare la propria sete di pesantezza sonora, ora scevra, però, dei vecchi elementi di contorno.

Giuseppe Abazia

Tracklist:
1 – Stop the Black Coffins (13:11)
2 – Grave Signal (10:44)
3 – The Osseous Tomb (Echoes of Winter) (18:14)

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