Recensione: The Unfathomable Darkness of the Fall
Noi italiani viaggiamo molto, ci piace girare il mondo, andare in vacanza in posti esotici e spesso ci dimentichiamo di quante belle cose ci sono intorno a noi, magari proprio dietro casa. E proprio da lì vengono gli In Torment I Die, quartetto bellunese non proprio di primo pelo. Con il loro album dal titolo ‘The Unfathomable Darkness of the Fall’ questi ragazzoni ci presentano un buon lavoro di Melodic Death Metal, frutto di una sana dose di cattiveria compositiva e che rievoca un’atmosfera dark tipica dell’influenza svedese che ben si percepisce in tutto il lavoro. Sebbene il punto di forza non sia la varietà, i pezzi che si susseguono funzionano, creando una struttura di linearità che rende il lavoro fruibile nel suo complesso.
Siamo accompagnati in questo percorso di riscoperta e di risvegli fin dall’opener ‘Awakenings’, primo piolo di questa scala che ci porterà sul trampolino, pronti al confronto con il vuoto che ci si para davanti.
La scelta, i riti di passaggio, la ribellione, la caduta ma anche il risollevarsi per risalire sono i temi affrontati nelle sette tracce dell’album. Come novelle Stelle del Mattino la ribellione ci porta alla caduta poiché ‘All Shall Fall’ … tutto, prima o poi, cade, ma questa ovvietà non è vista in chiave negativa: solo toccando il fondo ci si può rialzare, ogni prova ci ridefinisce e la trasformazione ci migliora e ci accompagna nel percorso che ci porterà alla nostra nuova realtà, alla calma di una primavera dopo un burrascoso inverno (‘Warring Equilibrium’). La produzione, nonostante sia “casalinga” risponde con una buona prestazione. I cambi di tempo non sono il punto chiave della struttura: il suono, anche se risulta un po’ cupo (forse per scelta della band) gioverebbe di più apertura sulle chitarre. La sezione ritmica, in particolare la batteria, è molto centrale il che porta le due chitarre (Luca & Francesco “Pich”) a sembrare un po’ troppo di contorno, coadiuvata dalla voce del cantante (Luca) che sovrasta. La centralità della sezione ritmica però è un plus: la batteria è ottimamente gestita (Giulio) e con il basso (Nabo) sia in tecnica che in velocità creano una solida cornice. Non sempre questo mixaggio e questo tipo di produzione, sono un errore: band come gli At the Gates li scelgono per i loro lavori, risultandone i portabandiera. Seppure forse qualche respiro strumentale avrebbe giovato, gli In Torment I Die ci fanno ben sperare per il futuro del metal all’italiana e, personalmente, rimango in attesa del prossimo lavoro che, accompagnato dalla maturità e dalla consapevolezza dei precedenti, come un risveglio sono certa che porterà un guizzo di aria fresca.
Le abilità tecniche del quartetto non mancano e, vinta un po’ di timidezza di un’uscita sudata, sono certa che non mancheranno di osare di più.
Nota di super merito per l’artwork di Angelo Feltrin, un lavoro di chiaroscuri invidiabile che impreziosisce ancora di più un ottimo album.