Recensione: The Void Supreme

Di Vittorio Cafiero - 29 Luglio 2024 - 14:40
The Void Supreme
70

Riceviamo con piacere “The Void Supreme”, album di debutto dei veneti Shiver Down, uscito a fine aprile su Ad Noctem Records. Formato da Tomas Valentini, bassista dei leggendari Skanners, il quintetto si cimenta in un interessante e moderna mistura di elementi estremi ed oscuri. Nelle varie note che girano in rete vengono presentati come fautori di un sound ispirato alle maggiori band melodic death nordeuropee, ma preferiamo schiacciare il tasto play e farci una nostra idea senza troppe influenze dall’esterno. Ad accompagnare il bassista, troviamo quattro validi strumentisti particolarmente attivi nell’area del Veneto. A cercare bene in rete, si nota come già i chitarristi Al Pia e Francesco Gambarini, nonché lo stesso Tomas Valentini, abbiano suonato o collaborato con gli Animae Silentes da Verona, elemento che ci fa capire come si tratti di musicisti noti nella scena underground scaligera.

Si parte con la traccia d’apertura, “Divine” e veniamo immediatamente travolti da un riff impetuoso e granitico, che lascia ben presto spazio ad accordi aperti e melodici: subito, quindi, spazio all’anima gothic della band, anche a causa del cantato profondo e pulito (ad opera del bassista, da quanto si è riuscito a carpire da diversi video dal vivo disponibili sul web) a cui si affiancano le harsh vocals di Federico Dalla Benetta: il duetto tra i due stili è costante per tutto il pezzo, l’antitesi che si viene a creare è di sicuro effetto. La successiva “Nether Reality” è classicamente “modern melodeath” e le influenze swedish prendono il sopravvento: sono le chitarre ritmiche a farla da padrone e un arrangiamento curato rende il pezzo più che godibile. Con “Dead Silence” ci si sposta decisamente in territori gothic metal, il fantasma dei Sentenced è dietro l’angolo, ci pensa ancora lo scream del lead vocalist a spezzare l’atmosfera tetra e compassata del brano. Anche il testo è in linea con le atmosfere di quelli della band finlandese che anni fa ha scritto la storia del genere con album quali “Crimson” e “Frozen”.
In generale, si tratta di musiche che portano a grande introspezione, sicuramente la voce pulita (a chi scrive ha ricordato in un paio di momenti quella di Fernando Ribeiro dei Moonspell) è un forte viatico in questo senso: dal range decisamente basso, sofferto, è quanto di più efficace per creare quelle atmosfere decisamente tanto in voga negli anni ’90: “Father” è un buon esempio in questo senso, anche se l’inizio decisamente à la Tiamat lascia spesso e volentieri lo spazio a momenti ai limiti del doom-death, ancora una volta grazie alle vocals in growl. Apprezzabile anche il lavoro di chitarra solista in questo caso.
The Beauty Of Slumber” è l’esatta sintesi di estremo (soprattutto a livello vocale) e decadenza gotica: da notare che qui le voci pulite vengono fuori con più intensità, meglio, ancora più disperate. Forse il pezzo più intenso dell’intero lavoro. Si percepiscono note di pianoforte in sottofondo, uno strumento che forse potrebbe anche essere sfruttato di più in un contesto del genere.
E se in “Tourniquet” si utilizza lo stratagemma del breakdown che sicuramente dal vivo sarà efficace, con “In Your Absence” ci sono vaghi rimandi agli At The Gates, mentre nella conclusiva “Dreams Left Behind” vengono prepotentemente fuori influenze Dark Tranquillity, nelle melodie al servizio della canzone così come nella progressione del pezzo.

Hanno i piedi ben piantati nella modernità gli Shiver Down, eppure non hanno certamente dimenticato le lezioni degli anni ’90: “The Void Supreme” è un esordio più che discreto, oltre che essere particolarmente curato nei suoni. Considerata l’importanza del lato emozionale dei pezzi in un sottogenere come quello proposto, il consiglio è quello curare al massimo linee vocali e orecchiabilità dei pezzi; del resto, la dicotomia sofferenza-rabbia potrebbe trovare maggiore incisività se inserita in passaggi ancora più memorizzabili.

 

Vittorio Cafiero

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