Recensione: The Wandering Notes

Di Domiziano Mendolia - 11 Maggio 2011 - 0:00
The Wandering Notes
Band: Vexillum
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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70

Prima comparsa sul mercato discografico per i toscani Vexillum, autori nel 2007 di un primo demo intitolato The Neverending

Quest e poi balzati agli onori delle cronache per aver preso parte al “The Frozen Tears of Angel Tour” di supporto ai nostrani

Rhapsody of Fire. Il disco di debutto ufficiale, intitolato The Wandering Notes, vede la figura di Alessio Lucatti dei Vision

Divine alle tastiere e dietro la console in fase di mixing, più la presenza di un ospite di lusso quale Fabio Lione.
I Vexillum con questo esordio dalla copertina davvero curata, dimostrano di essere musicalmente orientati verso un power metal robusto

e melodico, legato ai nomi più classici e nobili della scuola teutonica (primi Helloween e Gamma Ray ) ma anche Skyclad,
Virgin Steel e le forme più evolute del metal classico come Angra e Kamelot .

L’apertura è affidata a una bella “doppietta” veloce, formata da Neverending Quest e The First Light, canzoni che, oltre

a confermare le caratteristiche sopra citate, si lasciano apprezzare grazie al robusto sapore celtico che diventa prerogativa

principale di questo disco.
Con Avalon, i Vexillum mostrano il loro lato più eroico grazie ad un possente mid-tempo che mette in risalto il lavoro

di chitarre della coppia Gasparri/Calvanico e il cantato epico del singer Dario Vallesi. Si prosegue con l’orgogliosa The Brave and

the Graven, canzone ottimamente strutturata, abbellita da linee vocali d’effetto e dall’ottimo gusto melodico dei chitarristi.

Runger Run Again è invece una ballata folk che ci guida tra emozionanti intrecci di chitarra acustica e arrangiamenti di

tastiere che lasciano echeggiare ancora una volta il lato celtico della band. I Vexillum danno però il meglio di loro stessi

con Rising from the Ruins, sei minuti di metal tecnico e coriaceo dove il gruppo cerca di evidenziare la loro volontà di

evolversi senza distaccarsi da quelle che sono le loro radici metal.

The Wood of Chances scopre invece l’amore della band per gli Iron Maiden, rafforzato dal “sincronizzato” lavoro
della sezione ritmica composta da Francesco Saverio Ferraro al basso e dal batterista Francesco Girardi guidati sempre egregiamente

dalla voce di Dario Vallesi molto spesso simile a un Bruce Dickinson incattivito. Si smorzano (solo parzialmente) i toni con Hunter

and Prey, brano introdotto da un’evocativa e sofferta parte di voce e piano che si trasforma in una selvaggia cavalcata heavy

impreziosita da sporadici, ma validi, inserti di tastiere.
Arriva il momento di The Traveller ed ecco dunque avvicendarsi dietro al microfono Dario Vallesi e Fabio Lione in un duetto ben

riuscito: la prova di Lione si conferma come al solito sopra le righe, a testimonianza di come la voce per eccellenza di quel

Symphonic Metal portato in auge proprio dai Rhapsody of Fire è, e resterà, inconfutabilmente la sua. In chiusura del disco troviamo

Open Your Curtain e Shadow Vexillum – Part II, due rocciosi brani giocati ancora su ritmi vorticosi spezzati da break

melodici di buona fattura.
Ci troviamo quindi di fronte a una band che, pur non essendo ancora su livelli qualitativi stratosferici (consci del fatto che il

panorama metal è iper-popolato), con un pizzico di fortuna potrebbe ritagliarsi la propria fetta di mercato composta da una fedele

schiera di fan.

Domiziano Mendolia

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Tracklist:
1. Neverending –Quest
2. The First Light
3. Avalon
4. The Brave and the Craven
5. Ranger Runs Again
6. Rising from The Ruins
7. The Wood of Chances
8. Hunter and Prey
9. The Traveller
10. Open Your Curtain
11. Shadow Vexillum – Part II

Line-up:
Dario Vallesi: Vocals
Michele Gasparri: Guitars
Andrea Calvanico: Guitars
Franscesco Saverio Ferraro: Bass
Francesco Girardi: Drums

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