Recensione: The Weirding
No, non stiamo parlando della nuova release di Titta Tani e compagnia bella. Gli Astra di cui ci apprestiamo a trattare in questa recensione sono un quintetto proveniente dagli Stati Uniti (più precisamente da San Diego, California) dedito a un progressive rock di matrice settantiana particolarmente avvincente e interessante. Formatisi nell’inverno del 2001 con monicker provvisorio Silver Sunshine (poi cambiato in via definitiva in Astra dopo qualche tempo e un paio di demo pubblicati), i cinque americani vengono letteralmente scoperti da Lee Dorrian e immediatamente messi sotto contratto dall’etichetta inglese Rise Above. Dopo vari e repentini cambi di line-up, vede finalmente la luce il disco di debutto del quintetto a stelle e strisce, pubblicato nel mese di Maggio 2009 e intitolato The Weirding.
Anacronistico: ecco come descrivere con una semplice parola questo disco degli Astra. The Weirding è infatti un vero e proprio tuffo negli anni settanta, un viaggio a ritroso nel tempo sia per quanto riguarda la produzione (decisamente vintage nel complesso, ascoltare per credere), che per il genere musicale proposto (un progressive rock settantiano sulla scia di gruppi come King Crimson e Van Der Graaf Generator, con influenze psichedeliche alla Pink Floyd e con inoltre dei pregevoli inserti di chiara matrice Black Sabbath). Dietro a questo progetto, nato con l’intenzione di “fare musica senza tempo a beneficio di menti senza tempo” (come recita la band stessa in fase di presentazione del disco), troviamo cinque elementi accomunati da una grandissima passione verso il genere in questione e capitanati dal chitarrista/cantante/tastierista Richard Vaughn. Solamente otto sono le tracce che compongono questo The Weirding per una durata complessiva che arriva addirittura a sfiorare gli ottanta minuti. Brani quelli proposti in questo disco che mettono in evidenza una band davvero valida dal punto di vista tecnico, decisamente preparata e che pur non inventando assolutamente nulla di nuovo affronta i pezzi con una certa dose di personalità. Nonostante quasi tutte le canzoni proposte presentino un minutaggio abbastanza elevato, nelle quali ritroviamo lunghissime parti strumentali (sentire la strumentale Ouroboros per avere conferma), risulta essere veramente difficile ritrovare un qualsiasi incidente di percorso lungo tutta la tracklist, grazie soprattutto a soluzioni melodiche decisamente coinvolgenti e ben congegnate, e a strutture ritmiche che non si fanno mai eccessivamente complesse o esasperate. Niente tecnica fine a se stessa e niente inutili barocchismi dunque, sebbene le capacità dei singoli si possano facilmente etichettare come superiori alla media. Tra le canzoni meglio riuscite possiamo sicuramente annoverare la title track, pezzo assolutamente variegato dalle atmosfere oniriche e dalle linee vocali incredibilmente efficaci. Davvero interessante anche la già citata Ouroboros, brano completamente strumentale assai acido e visionario dal minutaggio abbastanza dilatato (oltre diciassette minuti) che mette in mostra l’anima più tecnica e intricata del gruppo, mentre invece la più breve e melodica Broken Glass si sposta più su binari lineari e tradizionali. Molto ben riuscita anche la conclusiva Beyond to Slight the Maze, canzone che, dopo una prima parte dai continui richiami ai Pink Floyd (quelli di Meddle, nello specifico), si snoda in una lunga sezione strumentale particolarmente azzeccata e sognante.
In definitiva, ci troviamo davanti a un ottimo album, forse non un capolavoro del genere ma comunque un disco solido, senza fronzoli e dai contenuti decisamente interessanti. Questi Astra dimostrano di avere imparato e metabolizzato a dovere le lezioni dei grandi maestri, consegnandoci un prodotto che magari non fa leva sull’innovazione o sulla voglia di percorrere nuove strade, ma in ogni caso confezionato con classe ed esperienza e decisamente suonato con personalità. Un’altra scommessa vinta quindi per la Rise Above di Lee Dorrian, che si conferma ancora una volta come un eccellente talent scout.
Lorenzo “KaiHansen85” Bacega
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Tracklist:
1. The Rising Of The Black Sun
2. The Weirding
3. Silent Sleep
4. The River Under
5. Ouroboros
6. Broken Glass
7. The Dawning Of Ophiuchus
8. Beyond To Slight The Maze
Lineup:
Richard Vaughan: guitars, mellotron, moog, vocals
Conor Riley: guitars, mellotron, arp odyssey, organ, vocals
Stuart Sclater: bass
David Hurley: drums, flute, various noisemakers
Brian Ellis: guitars, moog