Recensione: The Whore and the Bride
I Synnöve sono un gruppo nato per volontà di Brad Bessell, che i più attenti ricorderanno come ex bassista dei Virgin Black. Già autori di un EP (che, mi comunicano dalla regia, pare fosse orientato sul gothic metal), i nostri sono da poco tornati sulle scene con un full-length, The Whore and the Bride, che segna anche un cambiamento di sonorità in favore del black metal (mentre nessuna traccia vi è del doom metal che viene sbandierato nella promozione dell’album). La componente gothic non s’è persa del tutto però, come testimonia la presenza di una donna nel ruolo di seconda voce (i cui contributi sono invero abbastanza sporadici) e di bassista. I Synnöve si propongono come gruppo di black metal d’avanguardia, melodico e ricco d’influenze; purtroppo però, a differenza degli illustri colleghi Virgin Black, non sono destinati a riscuotere molto successo, almeno non con questo pessimo album.
La prima cosa che salta all’orecchio ascoltando The Whore and the Bride (prima ancora del songwriting piatto e dell’esecuzione scadente – ma su questo torneremo dopo) è il suono della doppia cassa della batteria, talmente forte da sovrastare praticamente tutti gli altri strumenti. Manca poco che sovrasti anche la voce! E l’eccessivo risalto nel mix della doppia cassa non è l’unico problema associato alla batteria: a completare il quadro c’è anche una prestazione di basso livello, che pecca di varietà e di consistenza. La doppia cassa corre costantemente, anche quando non ce ne sarebbe bisogno, anche quando la musica rallenta, creando un contrasto abbastanza irritante; in alcuni passaggi, per di più, l’esecuzione sembra proprio scoordinata. L’unica variazione a questo continuo tum-tum-tum sono i blastbeat d’ordinanza, e almeno quelli sono fatti bene; per il resto, sono davvero pochi i fill più interessanti o vari. Passiamo al secondo elemento di spicco (in negativo) del sound: la chitarra. Malamente suonata e artefice di riff poco vari, in alcuni passaggi sembra addirittura che se ne vada per conto proprio, senza tener conto del resto della musica; i riff che – come leggo dal foglietto illustrativo allegato al promo – vorrebbero essere melodici, riescono più che altro ad essere stridenti (nel senso negativo del termine), stonati, quando non addirittura fastidiosi all’orecchio. Niente di particolarmente negativo da segnalare sulla voce: uno scream ordinario, che pur non distinguendosi per espressività o potenza, fa il suo lavoro in modo competente; sarebbero anche interessanti, inoltre, gli inserti di voce pulita (peraltro ben cantati) se non affogassero in un songwriting che, pur mostrando qualche valida idea qui e lì, si perde fra melodie continuamente ripetute con poca variazione e canzoni dalla struttura incerta e raffazzonata. E in questo quadro a poco servono i passaggi di voce femminile, che magari regalano qualche frangente più epico, ma non servono a risollevare un platter che complessivamente fa acqua un po’ da tutte le parti.
Insomma, lo scatafascio è pressocchè totale. I Synnöve hanno dato alle stampe un album con lacune molto profonde che avrebbero richiesto molto più tempo per essere limate a dovere: così com’è, The Whore and the Bride è semplicemente un disco scadente, malamente suonato e malamente composto, in cui è piuttosto difficile trovare appigli per salvare il salvabile. Dispiace dover stroncare così brutalmente un gruppo giovane e probabilmente dotato di passione per ciò che fa, ma d’altra parte è impossibile chiudere gli occhi di fronte a una tale mole di difetti.
Giuseppe Abazia
Tracklist
1 – Funeral for Innocence
2 – Rhythms of the Apocalypse
3 – The Whore and the Bride
4 – Non Servium
5 – Sangreal
6 – The Cry of Creation
7 – The Last Lament
8 – Lindisfarne