Recensione: The Wild Child
The Wild Child è una band di heavy metal che si è formata in quel di Chiavenna nell’anno domini 2004.
Dopo essersi cimentata con cover dei maestri dell’HM, tre anni dopo ha dato luce al suo primo album, intitolato The Next Life. Nel 2012 Cris (voce e tastiere), Endriu (batteria), Mark (chitarra), Mat (chitarra) e Paul (basso) sono riapparsi, quindi, con un nuovo lavoro, intitolato semplicemente The Wild Child.
Il CD viaggia nei luoghi di un heavy metal alquanto classico, vigoroso ed incalzante, come nella veloce Mofo e nelle gagliarde Fuckin’ Money e The Ghost, trapassate da conficcanti riff di chitarre.
Sul suono intramontabile del metal più ortodosso s’innestano spesso, però, atmosfere oscure e tenebrose, come nella title-track Wild Child, col suo heavy cupo, incalzante e pervaso dall’efficace lavoro di riffing e d’assoli delle chitarre.
In Confusion il suono plumbeo è delineato da strumenti scarni e quasi scheletrici, sebbene taglienti e epicheggianti, come nel quieto finale.
The Last Battle si muove all’interno d’un mood solenne, cadenzato, misterioso ed evocativo, ed altrettanto emozionante e solenne è l’affascinante ballata dal titolo Mother’s Eye, dove il canto si dispiega sul conturbante drappeggio di tasti d’avorio.
Cris’s Song, invece, è una sorta di suite quasi progressiva: parte da un’intro di tastiere e pianoforte per poi dipanarsi in un heavy metal possente e veloce trafitto da riff d’asce ed interrotto da sprazzi rallentati ed oscuri e talvolta recitati.
The Wild Child, dunque, pur partendo da un background canonico di metal classico, si distingue e suscita interesse per la presenza d’influssi contemporanei e di fascinosi inserti carichi d’oscurità.
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