Recensione: The Womb Of The Earth
I finlandesi Fall of the Idols, dopo un MCD e vari demo, sono tornati col loro primo full-lenght per scuotere il mondo del doom con un disco dalla potenza devastante, e il loro ritorno è accompagnato dalla benedizione di un vero nume tutelare del doom classico: la copertina di The Womb of the Earth infatti è stata disegnata da Albert Witchfinder dei Reverend Bizarre. D’altra parte dopo l’annuncio di Albert
& co. di volersi sciogliere dopo un ultimo album, il vuoto che avrebbero lasciato si prospettava difficile da colmare, ma con questo album i Fall of the Idols si sono confermati come uno dei nuovi grandi nomi del doom puro, e probabilmente come uno dei gruppi più indicati a raccogliere un’eredità importante come quella dei Reverend Bizarre.
È sempre piacevole vedere gruppi giovani ed entusiasti come i Fall of the Idols, che già al primo
full-length riescono a mettere a segno un colpo di questa portata e caratura: viene da chiedersi cosa saranno in grado di fare poi…
Ma senza perderci in elucubrazioni sul futuro che verrà, concentriamoci su ciò che abbiamo ora, ossia
un’ora di doom metal pesante, potente, dalle venature epiche e maestose. Pur non creando niente di nuovo, i Fall of the Idols hanno l’indiviabile pregio di essere immediatamente riconoscibili, grazie ad un sound personale, caratteristico, che attinge alla lezione dei grandi classici senza però copiare nessuno. Parte della loro personalità è data dal bravissimo cantante Jyrki Hakomaki, che grazia l’album con una prestazione dietro il microfono eccezionale: la sua voce è profonda, potente, ma capace di estendersi anche verso note più acute, e quando necessario anche di sporcarsi e inasprirsi per sottolineare determinati passaggi. Da notare che molto spesso ci sono più linee vocali (tutte opera di Jyrki Hakomaki, ovviamente) che si sovrappongono l’una all’altra: da un lato, questo espediente dimostra quanta cura sia stata riposta nella registrazione dell’album, dall’altro conferisce alla voce un’ulteriore
dimensione, che la fa riecheggiare ancora più epica e possente. Sul lato prettamente musicale, non si può che partire anche qui con meritate lodi. Le melodie sono interessanti, coinvolgenti, varie e mai scontate; il suono delle chitarre è potente, asciutto, e non vengono risparmiati assoli che contribuiscono a tenere l’attenzione sempre alta; il basso, lungi da essere mero complemento al tappeto chitarristico, è in questo album estremanente pregnante e attivo, andando a tessere melodie proprie che conferiscono al sound generale una ancor maggiore profondità; la batteria, precisa e cadenzata, si produce anche in raffinatezze che vanno ad impreziosire ulteriormente la resa finale.
In The Womb of the Earth c’è spazio sia per la lentezza e la possenza tipiche del doom, che per passaggi più veloci, ritmati e “catchy”, sia per momenti di pura epicità, che per frangenti di riflessione e malinconia; è difficile anche scegliere qualche canzone migliore delle altre, dato che tutte si assestano sullo stesso alto livello qualitativo, senza cedimenti e senza riempitivi di sorta, andandosi a configurare come un album interessante dall’inizio alla fine, facendo divenire la sua considerevole durata non un elemento di discriminazione destinato a relegarlo ad una nicchia di ascoltatori più intransigenti e appassionati, ma una testimonianza della bravura e dell’ispirazione della band finlandese.
The Womb of the Earth è un gran disco, sicuramente uno dei migliori usciti di recente nel panorama doom classico e non, e che proietta i Fall of the Idols nell’olimpo dei migliori gruppi di questo genere. E, riallacciandomi alla domanda iniziale, c’è da chiedersi cosa saranno in grado di fare con i prossimi album, se questi sono solo gli inizi…
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Sown Are The Seeds Of Doom (08:03)
2 – Atonement For The One (07:37)
3 – The Grand Act (05:12)
4 – Agonies Be Thy Children (07:55)
5 – Keep Wandering The Night (07:16)
6 – Ungodly Thirteen (08:08)
7 – The Walk (05:03)
8 – The Pathway (15:51)