Recensione: The Wood Is My Coffin

Di Tiziano Marasco - 11 Aprile 2014 - 5:34
The Wood Is My Coffin
Band: Vardan
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
65


Il black è un animale molto strano. Pur essendo oramai prossimo al suo primo giubileo (Soulside Journey uscì 23 anni fa), ed essendosi evoluto in in mille forme, questo particolare sottogenere, ha tenuto vive le sue radici primigenie. Non di rado ci si imbatte in gruppi nuovi che suonano ancora come i maestri scandinavi di vent’anni fa, quando muovevano i primi passi. Non esiste nessun altro genere simile, neppure il punk, che era nato con ragioni simili, spinto da un forte disagio sociale, è rimasto uguale a sé stesso. Praticamente non c’era band, nel 2000, che suonasse come i Dead Kennedys alla fine dei ’70. I gruppi dediti a quel genere infatti sono divenuti col tempo o più cattivi o più omologati a uso e consumo delle masse. E neppure il death, l’altro genere estremo nato alla fine degli ottanta, è rimasto uguale a sé stesso. Nessuna nuova leva suona come gli At the gates o i Napalm death di quel periodo.

Nel black però, suonare simili ad A blaze in the northern sky, Nemesis divina o Filosofem 20 anni dopo l’uscita di questi dischi non desta stupore. Il che non è esattamente un bene, dato che la musica, si dica quel che si vuole, è un processo evolutivo. A fare qualcosa che altri hanno proposto due decadi addietro si diventa ridicoli, spesso, o noiosi, quasi sempre.

Non così però i trinacri Vadran, o meglio, il trinacrio Vardan, one-man-band dalla storia discografica quantomeno curiosa: il progetto partì nel 1997, ma giunse al debutto discografico nel 2007, pure il siculo si è reso protagonista di ben cinque full length tra il 2012 e il 2014, anno di uscita di The Wood is my Coffin. La domanda è, a questo punto: che ha fatto il Vardan nei primi 10 anni della propria vita artistica? O  è rimasto in criogenesi oppure, fulminato da Hvis Lyset Tar Oss è rimasto a meditare in qualche valle isolata dell’interno norvegese.

Perché questo disco (e probabilmente i 4 che lo hanno preceduto), avrebbe potuto ambire ad un 90 sul nostro portale, ma non solo. Avrebbe presentato questo progetto come la nuova realtà del black italiano, e non solo nel nostro paese, ma probabilmente in tutta l’Europa, al fianco di Vader e Rotting Christ.

A tutti gli effetti The wood is my Coffin è un ottimo disco di black metal depresso, ed è difficile descriverlo perché ormai su questo genere, non particolarmente vario, si è detto tutto. Eppure questo breve album riesce comunque a farsi strada anche nell’orecchio dell’ascoltatore più prevenuto. Un ottimo compendio di urla disumane e bruschi cambi di velocità in un dominio di toni lenti e plumbei. Mischiate il tutto a riff lamellari, batteria a grandine, produzione orrenda, ronzii, suoni ovattati e sporchi. Mischiate per quaranta minuti. Cinque pezzi proprio ben fatti in cui spiccano decisamente certi arpeggi di chitarra quasi allegri (se avete presente Norse dei Kampfar o Hymne V degli Ulver capite cosa intendo) e un piccolo intervallo folkeggiante.

Bisogna dar merito al merito, The wood is my Coffin sarebbe suonato vetusto (laddove vetusto in termini truemetallici significa un 45 di stima) dieci anni fa, ma è fatto talmente bene da portare a casa una sufficienza che, data la spocchia e gli indubbi pregiudizi del recensore, è una vera e propria impresa. Consigliato solo e soltanto a nostalgici dell’estremo novantiano, blackster irriducibili e a tutti coloro che hanno la foto del conte sul comodino.

Tiziano Vlkodlak Marasco

Pagina del Vardan all’encyclopedia metallum

Topic relativo al depressive black metal 

 

Ultimi album di Vardan