Recensione: The World Ablaze
2011, l’annuncio: i God Dethroned abbandonano la scena.
2014, l’evento: i God Dethroned tornano in campo.
La tormentata storia della formazione olandese ha i segni profondi delle dolorose ferite dovute ai tanti cambi di formazione e alla più d’una decisione volta a chiuderne definitivamente la leggenda. Ferite che ancora una volta Henri Sattler e Michiel van der Plicht riescono a rimarginare, benché ne restino le tracce sottoforma di cattiveria musicale. Ferite come quelle subite dai martiri della Prima Guerra Mondiale, cui è dedicato – quale secondo capito concettuale di una saga cominciata nel 2010 con “Under the Sign of the Iron Cross” – il neonato nonché decimo full-length della complicata carriera dei Nostri: “The World Ablaze”.
I vari accadimenti dell’ensemble dell’inossidabile Sattler, di cui si sono riportati soltanto gli ultimi capitoli per brevità, sopra, sembrano quasi esprimere una volontà di esistere a tutti i costi. Quasi che il mondo del death metal non possa rinunciare alla ferocia demolitrice dei God Dethroned, e, viceversa, che i God Dethroned non riescano a soffocare l’intenso soffio vitale che ne alimenta le gesta.
“The World Ablaze” è un album di death metal puro. Non toglie ne aggiunge granché, alla sequenza dei lavori precedenti. Non ci sono né sperimentazioni né contaminazioni. Il che è di per sé un grande valore, poiché, volenti o nolenti, i God Dethroned rappresentano il death metal stesso a mò di simboli eterni, assieme – a parere di chi scrive – soltanto ai Vader. Dalle sue origini, individuabili a cavallo degli anni ottanta/novanta, sino a oggi. Una sicurezza assoluta che si riversa nelle possenti, massicce, granitiche song di “The World Ablaze”.
C’è forse un po’ di melodia in più, rispetto al passato, come correttamente afferma Dan Swanö che ha missato il lavoro (‘A Call to Arms’, ‘Escape Across the Ice (The White Army)’). Più probabilmente, è aumentata la profondità emotiva nel suo complesso. Ancora meglio, cioè. Nel platter si respira aria di desolazione, di dolore, di sofferenza (‘Konigsberg’). Come quella che ha attanagliato la vita di tanti giovani perduti nelle trincee della Grande Guerra. “The World Ablaze” ha un flavour tutto suo. Amaro, drammatico, cupo, che segna come un marchio a fuoco lo stile dei God Dethroned, assolutamente riconoscibile a distanza di chilometri, tant’è ricco di personalità. Ricco di sostanza. Ricco di essenza. Quell’essenza vitale che permea ogni opera dell’uomo, instillando in essa l’univocità della creazione artistica medesima.
Le chitarre di Sattler e di Mike Ferguson a volte piangono letteralmente, trascinate anch’esse dalla follia dell’Umanità nel fango della disperazione, nelle sabbie mobili della morte (‘The 11th Hour’). A volte, invece, esse paiono quasi i condottieri di un battaglione, quando i loro riff devastano l’aere, sostenuti dal bombardamento a base di blast-beats da parte del drumming devastante di van der Plicht (‘Close to Victory’). In tali frangenti i God Dethroned volano letteralmente sulle ali di un’energia straordinaria, annichilente. Precisa, chirurgica, perfettamente messa in musica grazie al talento e all’esperienza di musicisti che, il death metal, lo devono avere dentro. Nell’anima, nel cuore.
“The World Ablaze” è da ascoltare ad alto volume e con la giusta concentrazione. Solo allora, improvvisamente, si spalancheranno di fronte all’immaginazione di chi ascolta le porte dell’inferno: quello della guerra. Quello della morte senza senso. Quello del vuoto. Quello del nulla.
Bentornati, God Dethroned!
Daniele “dani66” D’Adamo