Recensione: The Wörld Is Yours

Di - 17 Dicembre 2010 - 0:00
The Wörld Is Yours
Band: Motörhead
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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71

In occasione dell’uscita di Inferno, anno di grazia 2004, mi capitò di leggere una recensione che diceva che, quando i Motörhead pubblicano un nuovo album, cambiano solo copertina e titoli delle canzoni oltre che del disco stesso, ma la musica è bene o male sempre quella.

Beh, ad un ascoltatore disattento potrebbe sembrare anche un’affermazione fatta con cognizione di causa, ma sotto la proposta musicale del buon Lemmy c’è di più, molto di più. Anzitutto l’attitudine tipicamente rock’n’roll alla quale i Motörhead sono fedelissimi, poi va detto che staticità non è sempre sinonimo di scarsità di idee, visto che, arrivati al considerevole traguardo del ventesimo disco in studio, il trio capitanato dal bassista/cantante più marcio e “true” di tutti i tempi non pensa nemmeno per un secondo alla pensione.

Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che The World Is Yours si configura come un’uscita certamente non imprescindibile, ma comunque ben confezionata e che ci consegna un nuovo lotto di canzoni che confermano il buono stato di salute del gruppo anglo/svedese (ricordiamo che il batterista Mikkey Dee è, al secolo, Michael Kiriakos Delaoglou, nato in Svezia da famiglia di origine greca).

In effetti è all’incirca dall’inizio del nuovo secolo che Lemmy, Philip e Mikkey ci hanno abituato ad un’altalenante qualità dei loro lavori, partorendo dischi buoni (Motörizer), se non ottimi (il già citato Inferno), con release che non meritano certo troppa attenzione. Seguendo questa linea, il presente dovrebbe essere un album decisamente non memorabile ed in parte questa affermazione corrisponde a verità. Facendo le dovute proporzioni, ci troviamo di fronte ad una decina di canzoni che nulla aggiungono e nulla tolgono alla grande storia dei Motörhead, ma che si fanno ascoltare anche grazie ad una ritrovata vena rock’n’roll ed hard rock, lasciata da parte nelle uscite precedenti in favore di suoni più duri e potenti, tipicamente HM.

A livello prettamente formale, fa piacere notare come la voglia di essere le uniche persone a comandare riguardo alla propria musica abbia portato alla fondazione di una sotto-etichetta della EMI denominata semplicemente Motörhead Music e dedicata solo ed esclusivamente alle uscite della band. Tutto questo, se mai ce ne fosse bisogno, fa incrementare ulteriormente il rispetto nutrito da parte di Lemmy e soci verso i propri fan, volendo pubblicare sempre prodotti all’altezza della situazione e facendosi carico di ogni responsabilità riguardante il nome del gruppo che ha fondato nel 1975.

Un’analisi la merita l’artwork, sempre con il mitico Snaggletooth che fa bella mostra di sé e che si impadronisce come un’ombra sinistra del nostro pianeta, in modo chiaramente ironico. Il titolo del disco, in effetti, sembra quasi una dedica al famoso mostro, il quale è ben felice e soddisfatto nel prendere possesso della Terra utilizzando la musica del trio come colonna sonora dell’Apocalisse che sta per infliggere. Anche da questo punto di vista, seppur orfani del loro storico disegnatore Joe Petagno e creatore della famosa mascotte, Phil, Lemmy e Mikkey non si discostano per niente dal proprio glorioso passato, andando a confermare una tradizione iniziata dal loro esordio ed interrotta solo in occasione di Ace Of Spades ed Overnight Sensation, riferendosi ai soli dischi in studio, i quali vedono ritratta la formazione del gruppo anziché lo Snaggletooth in una delle sue molteplici versioni.

Entrando nello specifico, si nota subito come i suoni che caratterizzano il disco siano più puliti e levigati rispetto al passato, merito sicuramente della registrazione effettuata negli studi di tale Dave Grohl (Foo Fighters, ex Nirvana), uno che è avvezzo a produzioni meno inclini all’heavy metal, nonostante sia stato autore del progetto Probot. Di pari passo The World Is Yours è un lavoro, se vogliamo, più facile e meno monolitico di altri, improntato su una velocità di esecuzione abbastanza sostenuta e sul riffing dalla fortissima matrice blues di Philip Campbell, con un Lemmy che segue e fraseggia relativamente poco rispetto al passato con il suo basso distorto al 100%. La batteria precisa ed impeccabile di Mikkey Dee fornisce, in ultimo, il tiro ai brani, fungendo da perfetto motore per una dimensione a conti fatti molto più live rispetto al passato.

L’iniziale Born To Lose (qui la citazione al passato è palese, con un titolo che è celebra il classicone Iron Horse/Born To Lose) e la conclusiva Bye Bye Bitch Bye Bye sono entrambe molto divertenti, irriverenti e scanzonate, mentre si prendono più seriamente la veloce Rock N Roll Music, inno al genere e ad uno stile di vita unico ed inimitabile che lo stesso leader delle teste di motore ha contribuito a definire, e la splendida Get Back In Line, non a caso scelta come primo singolo estratto dal disco. La sferragliante Brotherhood Of Man possiede la magia di risvegliare da quel lontano e buio binario morto il mitico treno dai quattro invincibili stantuffi – Kilmister, Gill, Campbell, Wurzel – proprio con il caustico e possente incedere della title track del 1986: l’immortale Orgasmatron.

Da notare la mancanza, nemmeno troppo evidente, di una ballata o di un pezzo più calmo e riflessivo come quelli a cui ci eravamo abituati in passato, ma sinceramente il tutto contribuisce a creare un lavoro più diretto, il che non guasta affatto.

Arrivando alle battute finali del nuovo album dei Motörhead la sensazione è quella di aver ascoltato dei pezzi certamente non epocali e che difficilmente entreranno nella scaletta del gruppo anche in seguito al prossimo tour promozionale. Rendiamoci conto che stiamo parlando di una band in giro da 35 anni e, di conseguenza, non è semplice scrivere dei classici della musica avendo una storia alle spalle così importante e ricca di grandi album (il trittico composto da Ace Of Spades, Overkill e Orgasmatron basta da solo per far entrare di diritto il gruppo nel tempio delle leggende del rock senza tempo).

L’obiettivo del Lemmy odierno è solo quello di avere una buona scusa per suonare dal vivo senza dover per questo fare tour per soli nostalgici come molti suoi colleghi. Da questo punto di vista, The World Is Yours va preso semplicemente per quello che è: un nuovo tassello nella sterminata discografia di una band senza più nulla da dimostrare. Se i Nostri dovessero andare in pensione oggi non avrebbero certamente nulla di cui pentirsi, ma a noi piace continuare a vederli attivi e sfornare altri album quantomeno degni del nome che si portano dietro da sette lustri.

 

Andrea “Thy Destroyer” Rodella

 


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Tracklist:
1. Born To Lose (4:01)
2. I Know How To Die (3:19)
3. Get Back In Line (3:35)
4. Devil’s In My Hand (4:21)
5. Rock’N’Roll Music (4:25)
6. Waiting For The Snake (3:41)
7. Brotherhood Of Man (5:15)
8. Outlaw (3:30)
9. I Know What You Need (2:58)
10. Bye Bye Bitch Bye Bye (4:04)

Durata:
39:04 min.

Line up:
Ian Fraser “Lemmy” Kilmister – Voce, Basso
Philip Campbell – Chitarra
Mikkey Dee – Batteria

 

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