Recensione: The Years of Decay

Di Matteo Lavazza - 19 Gennaio 2003 - 0:00
The Years of Decay
Band: Overkill
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 1989
Nazione:
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95

La storia degli Overkill è decisamente strana, sono sempre stati considerati uno dei migliori gruppi Thrash ma non sono mai riusciti a fare quel salto di qualità a livello di vendite che gli avrebbe permesso di raggiungere i “Big Four” negli anni ’80, e questo nonostante dei dischi davvero bellissimi, come nel caso di questo “The Years of Decay”, secondo m uno dei dischi fondamentali per chi vuole conoscere e capire il Thrash Metal.
L’aggressività sprigionata dal disco è qualcosa di davvero micidiale, basta ascoltare il tritico iniziale, composto da “Time to Kill”, “Elimination” e “I Hate”, per rendersi conto delle potenzialità incredibili degli Overkill.
La voce di Bobby “Blitz” è qualcosa di incredibile, sporca, cattiva e ruvida come carta vetrata, in grado di rendere le canzoni davvero “malvagie”, per non parlare del grandissimo lavoro di D.D. Verni al basso, che grazie al suo suono davvero particolare ed unico riesce a dare una potenza ritmica impressionante a tutti i pezzi del disco.
Il gruppo in questo disco dimostra anche una buonissima fantasia in fase compositiva, stupendo un po’ tutti con pezzi come la lunga “Playing with Spider/Skullcrusher”, 10 minuti in pieno stile Black Sabbath, ma con il marchio Overkill impresso a fuoco. Il pezzo in questione è davvero dotato di un atmosfera malsana, con i suoi riff pesanti e cadenzati e la voce di Bobby, che in questo pezzo ci regala una prestazione memorabile, a rendere il tutto ancora più “cattivo”.
Davvero splendidi anche i riff di canzoni quali “Birth of Tension”, “The Years of Decay o “E.vil N.ever D.ies”, dove i 4 newyorkesi fanno sfoggio di una perizia tecnica e compositiva davvero impressionante, riuscendo a creare delle canzoni dall’impatto allo stesso tempo devastante e melodico.
Uno dei grandi pregi di questo album risiede proprio nell’uso distorto delle melodie, che riescono ad essere sempre in qualche modo “orecchiabili”, ma non sono mai ne di facile ascolto ne derivative, seppur l’influenza dei Sabbath si faccia sentire in più di un pezzo; oltre al già citato “Playing with Spider/Skullcrusher”, anche nella bellissima “Who Tends the Fire” si possono riconoscere le influenze del gruppo di Tony Iommi.
I suoni del disco sono davvero splendidi, se si prende in considerazione l’anno di uscita dell’album, con una sezione ritmica davvero possente e con tutti gli strumenti che riescono a ritagliarsi il giusto spazio all’interno delle varie canzoni.
Per concludere posso solo ribadire quello che ho già detto in aperture, cioè che, a mio parere, “The Years of Decay” è uno dei dischi fondamentali del Thrash Metal made in U.S.A., dove tutte quelle che sono le caratteristiche fondamentali del Thrash, quindi velocità, tecnica e potenza, si uniscono ad atmosfere cupe ed oscure, riuscendo così a creare un impasto sonoro davvero unico e coinvolgente.
Secondo me un disco che non può mancare nella discografia di ogni amante della musica Metal!

 

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