Recensione: Them
Il gruppo napoletano in azione dal lontano 1988 autore fra gli altri dello stupendo trittico Makumba (1992), The Sleepers Awakes (1994) e Black Opera (1996) dopo anni di silenzio torna sul mercato con Them sotto l’egida della Black Widow Records con una line-up compsta da Enrico Iglio keyboards and percussions, Sergio Casamassima on guitars and bass e Sophya Baccini on vocals, impreziosendo ulteriormente il proprio personalissimo progressive rock.
Quest’ultima definizione è comunque riduttiva nel descrivere il loro sound in quanto, pur partendo da quanto espresso dai seminali Curved Air, congloba con rara genialità compositiva ficcanti spunti heavy, drammatiche digressioni dark e maestose aperture sinfoniche spesso e volentieri sconfinanti nel gothic.
Su tutto e tutti svettano poi le vocals ieratiche di Sophya ora dolcissime e sofferte, ora rabbiose e liricissime, da sempre il quid in più per il gruppo. L’iniziale e propedeutica “The Undead” è l’esempio di quanto enunciato unendo in sé maestose aperture sinfoniche, breaks dolcissimi con piano e vocals in splendida evidenzia e squassanti aperture heavy che si sublimano nella seguente “Aftermath” che pur introdotta e sorretta dall’organo, liquide keyboards e dallo struggente break centrale con liricissime e goticheggianti vocals, si sviluppa su coordinate heavy.
Il breve strumentale per orchestra and acoustic guitar “Dance Macabre” introduce “The Each Other” ancora dannatamente heavy nel suo incedere perverso pur minacciosamente gotico sul quale svettano la superba voce di Sophya, degna epigone di Sonya Krystina ,ficcanti solo guitars, breaks ancora piano and vocal e digressioni sinfoniche che costituiscono l’ossatura della piece de resistance “Them” nella quale fanno capolino pure le partiture classicheggianti dei Renaissance di Annie Haslam, invero sopra le righe in questi frangenti la prestazione di Sophya, pur non disdegnando inserti jazz ,ancora sofferti solo guitars, solenni in crescendo epic and gothic dove si esaltano pure Iglio e Casamassima.
Insomma ragazzi, mi ci sono voluti due giorni di ascolto indefesso, prima di riuscire a compenetrare la bellezza di questi ventiquattro minuti di musica nella più alta accezione possibile del termine! Perdonatemi Sophya, Enrico e Sergio, ma davvero “volate troppo alto” per il piccolo scrivente dei monti!
Il basso padroneggia da par suo lo strumentale “Drawbridge 1501” che introducendo “Stige” riporta il tutto su coordinate heavy progressive con le guitars di Sergio sugli scudi, mentre la conclusiva e struggente “If You Dare” è ancora appannaggio delle lisergiche vocals e di uno superbo piano.
L’artwork è intrigante, così come il booklet di dodici pagine con tutti i testi senza nessuna foto della band, che non compare nemmeno nel digipak che lo contiene.
Presence: la quintessenza del teatro declinato in musica.
Ulisse “UC” Carminati