Recensione: Theomachy
Come una già attraente dama, alla quale manca forse quell’appeal aggressivo, possa diventare un’elegantissima femme fatale grazie ad un sostanziale restyling, anche i bresciani Tragodia, con il secondo full length, esprimono al massimo le loro qualità, azzeccando in peno ogni mossa.
In quindici anni di esistenza, con due demo ed un album alle spalle, direi che i Nostri di gavetta ne hanno fatta fin troppa, “Theomachy” infatti, senza giri di parole, meriterebbe di finire in “heavy rotation” su qualsiasi emittente Rock e Metal che dir si voglia, merito delle dieci splendide tracce in esso contenute, capaci di dipingere potenza e melodia con colori e pennelli da professionisti.
I cambiamenti ai quali accennavo sopra si riferiscono all’avvicendamento di ben tre membri della band, con l’arrivo del preparatissimo Luca Paderno al basso, del funambolico Riccardo Tonoli alla chitarra e dulcis in fundo di Luca Meloni e le sue struggenti tonalità di voce, i Tragodia raggiungono anche la line-up ideale, con tutti i tasselli al loro posto, completata dai veterani e fondatori Daniele Valseriati alla batteria e Francesco Lupi alla chitarra, tastiere, seconde voci e chi più ne ha più ne metta!
Il Gothic Metal dell’esordio “The Promethean Legacy” è sferzato quindi dalla vitalità dei nuovi componenti ma mantiene intatto il trademark del maggior compositore, Francesco, che, complici i nuovi innesti, irrobustisce il sound rendendolo più Heavy ma non perdendo nulla del fascino decadente proprio del genere e di dischi quali “Draconian Times” dei Paradise Lost, al quale sembra che i nostri abbiano prestato un orecchio di riguardo.
Professionalità al 110% per tutta la durata di “Theomachy”, già dalla confezione a cura My Graveyard, ovvero un book con splendide illustrazioni e con una vera opera d’arte in copertina, così come la sostanza musicale, completa di una superproduzione ed un mixing effettuato ai famosi Finnvox Studios, il Matry Quartet, quartetto d’archi appunto ed un ospite tedesco come Phlip D. Schunke, uno dei vocalist dei Van Canto (sul pezzo più emozionante del lotto, “The Eve Of The End”), gruppo che in Germania riscuote un successo notevole.
Il contrasto tra le doti manifestate in “Theomachy” così come i mezzi per realizzarlo, e la (ahinoi!) limitata notorietà del quintetto lombardo è a dir poco sconcertante, ribadisco a gran voce che i Tragodia sono assolutamente pronti per palcoscenici ben più blasonati dato che dalla loro hanno solo note di merito, estrema umiltà inclusa.
“The Stones Of Uruk”, “Tentacles” e la conclusiva “Barbarian Pride” (con uno strabiliante finale sfumato) sono forse quelle che spiccano ancor di più nell’ Opera Omnia di “Theomachy”, proprio perché le linee vocali al limite della perfezione, si fanno sostenere a dovere da un riffing deciso e di qualità, intrecciato dall’impeccabile sezione ritmica, che non ha la funzione di accompagnamento alla quale troppo spesso è relegata.
Ho ascoltato “Theomachy” una miriade di volte, notando qualche nuovo particolare ad ogni passaggio, ma non trovandone nessuno che mi abbia fatto storcere il naso e, se si aggiunge che il genere di Metal proposto dai ragazzi in questione non è affatto il mio favorito, conoscendo giusto solo i rappresentati più famosi del Gothic, non vedo assolutamente nessuna controindicazione a suggerire a tutti il secondo disco dei Tragodia…
Come recitava il famoso consiglio per gli acquisti: “Se va bene a me, buon ‘Theomachy’ a tutti”, non esitate a dare una chance all’emozionante come-back di questa ennesima e ampiamente sottovalutata band nostrana.
Alessio Aondio
Tracklist:
1. The Siege
2. Tentacles
3. The Eve of the End
4. The Stones of Uruk
5. Mother Wisdom, Father War
6. Iceberg
7. Once We Were Titans
8. The Fields of Yore
9. By the Gates of Oblivion
10. Barbarian Pride
Line-up:
Luca Meloni: voce
Francesco Lupi: chitarra, tastiera
Riccardo Tonoli: chitarra
Luca Paderno: basso
Daniele Valseriati: batteria