Recensione: Theory Of Everything
Al pari delle “ fughe di cervelli”, dovremmo preoccuparci altresì delle fughe di artisti prolifici e talentati.
Alex Masi, italianissimo chitarrista veneziano, tentò la “fuga” per ben due volte, prima in Inghilterra, fucina dell’allora nascente NWOBHM, poi negli States, rispondendo in modo positivo alla chiamata che tutti noi musicisti o aspiranti tali, aspettiamo.
La Metal Blades, intuendo il potenziale di Masi, lo invitò ad unirsi ai Sound Barrier, gruppo sfortunato, al quale seguirono i Masi, band e progetto personale di Alex.
“Fire In The Rain”, disco d’esordio del gruppo, vede la luce nel 1987, licenziato dalla Metal Blade e distribuito in Europa da Roadrunner.
Una nomination ai Grammy Award come “Best Instrumental Rock Album”, collaborazioni con artisti del calibro di Jeff Scott Soto, Frankie Banali, Allan Holdsworth, Carmine Appice, Mark Free, il “supertrio” MCM (Masi, Coven, Macaluso), sono solo alcuni dei moltissimi fiori all’occhiello che trovereste nel potenziale curriculum vitae di questo artista.
Con la pubblicazione di “Theory Of Everything”, Masi, abbatte ogni catalogazione, ogni inquadramento musicale nei ristretti canoni di un genere.
Sfida i propri ascoltatori nel seguirlo in arzigogolate traiettorie che valicano gli stili, tenta di seminarci con voli pindarici che sorvolano l’ottusità di chi classifica la musica in ridicoli ed inutili sottogeneri, prova a farci perdere nel suo labirinto musicale, per poi aspettarci all’uscita, compiaciuto e sicuro del felice esito della nostra impresa.
Questo non è un cd dalle melodie ariose, memorizzabili e “semplici”, dove i fraseggi atti a identificare il brano, sono legati tra loro da mirabolanti esibizioni tecniche (tanto per stupire gli “shredder addicted” di turno).
Masi concepisce il cd e la musica stessa come un’opera che trascende le aspettative, che nasce spontanea dal suo approccio mentale ad essa, nato dalla cultura jazzistica e classica, dalle sue influenze rock, metal, dal suo amore per la musica etnica dalla quale ha mutuato il groove, il modo differente di muoversi intorno alle note, spostando accenti in modo poco ortodosso per la musica occidentale, regalando al proprio approccio chitarristico un flavour unico.
Il brano d’apertura, “Theory Of Nothing”, è forse il brano tecnicamente più aggressivo, dove Alex scatena la sua furia presentando la sua dichiarazione di intenti. Un brano fortemente influenzato dal jazz e dalla fusion, dove le dita di Masi volano letteralmente sulla sua tastiera della sua chitarra.
“Ladies Of The House”, coniuga un potentissimo riff, un approccio smaccatamente metal a campionamenti “hard” ed “orgasmici”.
“Queen Of Headfuck” (bel titolo!), ci evoca decisamente il Joe Satriani più sperimentale, imbastardito con pesanti dosi di Jeff Kolmann e dei suoi Cosmosquad.
Citiamo “The Past” dove su percussioni “etniche”, Alex ci insegna nell’arco di cinque minuti e sette secondi, cosa significhino le parole “tocco” e “gusto”, palesando quello che gli addetti ai lavori chiamano “tone”.
Pensantissime influenze elettroniche dominano “Scratch The Meat”, mentre in “Have A Talk With God”, Masi si conferma eclettico e sopraffino chitarrista acustico (nel break centrale), per poi farsi dominare e possedere dal suo lato maggiormente funky-jazz, il tutto condito da quell’ironia che da sempre è una delle armi dell’axe man italiano (ricordiamo il mitico titolo di un suo brano: “Vagina Dentata”).
“Soul Virus Hack”, con i suoi attacchi shred, le contaminazioni electro-industrial, i suoi effetti, la sua outro acustica, ci rende alieno il concetto di musica prevedibile e scontata.
L’apertura mentale di Masi è la sua forza ed il suo stesso limite per essere apprezzato dal grande pubblico (ammesso ovviamente, che questo interessi al guitar player veneziano).
Per coloro che decideranno di buttarsi su questo lavoro, anticipiamo che dovranno scontrarsi con primi ascolti decisamente ostici, per poi venire ricompensati adeguatamente con una scoperta continua di dettagli e suoni, che garantiranno di sicuro una discreta longevità e permanenza nel nostro lettore.
Volendo essere pignoli, un eccessivo uso di effetti digitali, un abuso di delay, ed un suono eccessivamente processato, non ci permettono di sentire la “vera” voce di Masi, andando a soffocare esageratamente gli intenti di un ottimo artista, che pur palesando la sua voglia di sperimentazione e contaminazione (della quale ci parla anche in sede di intervista) non dovrebbe perdere la riconoscibilità del suo raro tocco.
Sconsigliato ad abitudinari che non amano le sorprese, ottusi e conservatori.
Discutine sul forum nel topic dedicato ai guitar heroes!
Tracklist:
01- Theory Of Nothing
02- Ladies Of The House
03- Queen Of Headfuck
04- The Past
05- Breakfast At Owsley’s
06- Big Bad Science
07- Scratch The Meat
08- Jam On Haunted Hill
09- Have A Talk With God
10- Soul Virus Hack
Line Up:
Alex Masi – Tutti gli strumenti.