Recensione: There Was A Time
Dove eravamo rimasti coi Severance? (Qui loro intervista)
A Urla Di Strada, ellepì del 1990. Poi, nel 1991, lo scioglimento della band.
Il “risveglio” del vecchio leone di Venezia avviene nel 2018, successivamente ai riscontri suscitati da un articolo/intervista enciclopedico apparso all’interno delle colonne cartacee della rivista Classix Metal. Da lì un concerto a Spinea, nell’agosto dello stesso anno, a ricordare al mondo quello che erano e che sono i Severance.
Già, perché da cosa nasce cosa, si sa, quando il sacro fuoco della passione permane alimentato ed ecco che oggi, nel 2022, siamo a recensire un nuovo album del combo facente capo ad Al Guariento (chitarra) e Gable Nalesso (voce), entrambi ex Dark Lord, che per l’occasione si sono fatti accompagnare da un nugolo di compari che ebbero a che fare con gli stessi Severance in passato, ma anche non necessariamente: Franco Moruzzi, lo storico batterista, Macho Trevisan, bassista della terza incarnazione del gruppo, Andrea Bassato, violinista nel Severance Re-Tour-N del 2018 e Alessandro Pizzin, Tastiere.
Durante il concerto di Spinea il combo veneto si rese conto che molti dei brani risalenti alla metà degli anni Ottanta proposti in scaletta non esistevano più in nessuna forma registrata e nacque quindi la voglia e l’esigenza di fissarli, in qualche modo, su di un supporto durevole. This Was A Time, abbreviato in Twat, album oggetto della recensione, nasce semplicemente così.
Oggi, dopo anni di lavoro è finalmente divenuto realtà su dischetto ottico, avviluppato dentro un curato formato digipak senza booklet ma con il dorso del Cd realizzato come se si trattasse di un vinile, con tanto di etichetta circolare interna con bollino Siae e una serie di solchi concentrici neri all’esterno. Quarantatré minuti di musica declinati lungo otto pezzi, registrati e missati da Al Stevanato presso il Bandroom Studio di Venezia e prodotti dallo stesso Al Stevenato in sinergia con Al Guariento.
Un lavoro di ripescaggio, quindi, ma non solo dal momento che Twat al proprio interno racchiude anche ‘Night Travellers’, incredibilmente inedito sino ad oggi ma che fece da pezzo d’apertura al concerto dei Severance presso il Teatro Tenda di Milano, quando diedero il via all’H/M Festival 1986 e successivamente sullo stesso palco si esibirono Vanadium, Motörhead (per lo scriba sfoderarono il concerto più infuocato della loro storia sul suolo italico) e i Twisted Sister sul finale. Altra eccezione la title track, scritta appositamente per There Was A Time.
I Severance, nei cuori dei metalhead italiani, sono quelli della splendida ‘Mai Che Ci Sia’, pregna di un’epica capace di far vibrare più corde dell’anima, della coinvolgente ‘Severance’, un inno a tutti gli effetti e ‘Vento Nuovo’, solo per enumerarne tre. Quindi un gruppo foriero di un sano hard rock dalle forti tinte melodiche capace di tracimare talvolta nell’heavy metal, il tutto cantato in lingua madre.
Ebbene, di ‘quei’ Severance dentro There Was A Time c’è qualche traccia, ben evidente, ma non solo. Il disco fotografa infatti il primo periodo della band, che si formò nel 1985, quando ancora dei palesi echi Progressive ammantavano la loro proposta.
Detto che l’energetica e veloce ‘Night Travellers’ fa campionato a parte, dosi di potenza vengono fornite anche da ‘Mix’d Up’ mentre ‘There Was A Time’ è un pezzo introspettivo che fotografa il mood dei Severance 2022.
Highlight del disco l’opener ‘Magic Fear’, l’archetipo del combo veneziano agli inizi del proprio percorso: tastiere anni Settanta, melodia, potenza quando necessaria e molto sentimento, con Gable Nalesso, una fra le migliori ugole degli anni Ottanta italiani per pathos espresso che sa ancora farsi valere a livello di cantato nonostante non sia più un teenager. Da segnalare anche l’atmosferica e toccante ‘Anyway’.
There Was A Time chiude in qualche modo il cerchio e possiede le stimmate per divenire oggetto di culto per coloro i quali hanno sempre mostrato interesse e supportato il Metallo Italiano, nelle cui file i Severance hanno militato con onore fornendo numerosi spunti per quell’ondata di rock band degli anni Novanta che avrebbe per qualche tempo illuso l’italica penisola, da sempre ostaggio del pop neomelodico.
Stefano “Steven Rich” Ricetti