Recensione: There’s No Place Like Home

Di Daniele D'Adamo - 30 Ottobre 2012 - 0:00
There’s No Place Like Home
Band: Bust A Move
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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70

Che i tedeschi mastichino con disinvoltura pane e deathcore si sa già da un pezzo, poiché Neaera e Heaven Shall Burn sono fra le migliori compagini specializzate che calchino i palcoscenici di tutto il Mondo. A esse si aggiungono altre band cosiddette minori ma in grado di reggere il confronto sul piano, almeno, della qualità tecnico-esecutiva.

Fra loro ci sono senz’altro i Bust A Move, di recente formazione (2009) ma che, nel giro un EP di quattro tracce nel 2009 e di un singolo nel 2010 (“Who’s Your Daddy Bitch”), hanno affinato le armi sì bene da giungere alla pubblicazione del fatidico debut-album, “There’s No Place Like Home”. I Nostri ci provano sul serio, e difatti il disco è stato registrato, missato e masterizzato da Aljoscha Sieg presso i Pitchback Studios – garanzia di qualità – , con la collaborazione di Rob “Grindesign” Borbas (All Shall Perish, Caliban, Suicide Silence) per la messa a giorno di una veste grafica semplice ma professionale.   

E così, obbedendo a una tradizione oggi consolidata, “There’s No Place Like Home” mette in mostra dei muscoli gonfi e oliati; azione necessaria per manifestare la peculiarità che, forse, rappresenta meglio il deathcore: la potenza. Una potenza devastante, rabbiosa, esorbitante, incontenibile ma, sempre e comunque, controllata e mai lasciata a se stessa e al caos. L’ormai famigerato ‘wall of sound’, eretto a nota a nota dalla forza sterminata della strumentazione lanciata al massimo dei watt, è una costruzione che appare come fondamentale in questo sottogenere del death metal, e i Bust A Move non si tirano certo indietro nel metterci una gran lena a tirarlo su. Phil N. e Dimi T. macinano una quantità impressionante di riff erculei, duri e incattiviti dalla compressione del palm-muting. Lasse W. e Dominik S., da par loro, mandano avanti la sezione ritmica passando dai mid-tempo pesanti come il piombo ai blast-beats più scatenati. Accelerando e rallentando come pazzi per dar luogo a un altro segno distintivo del *-core: il breakdown, ove il ritmo diminuisce all’inverosimile per pressare sino alla soglia del dolore lo sterno con la pressione delle onde acustiche.    

Una volta definito così bene lo stile, in questo caso specifico – è bene rilevarlo – non molto originale e innovativo proprio per la fedeltà assoluta agli stilemi di base del medesimo, tocca alle canzoni o meglio al songwriting tentare di fare la differenza fra l’ordinarietà e la straordinarietà. E i Bust A Move, in questo, ci riescono a metà. Una partenza eccellente (“Contaminated”), in realtà, può far pensare il contrario: growling aggressivo e forsennato perfettamente allineato all’avanzamento delle battute, ritmo squarciato dai micidiali stop’n’go dei breakdown e dalle folgorazioni dei blast-beats, energia a gogò e, soprattutto, un refrain dalla grande melodiosità e dal profondo lirismo. Anche “Inner Demon”, a onor del vero, è una song dall’impatto devastante: una macchina da guerra sicuramente, in sede live. Passata la sorpresa per questa gran quantità di carica… atomica resa così bene su un disco di plastica, non rimane poi tanto, da rimarcare. Marc A. è un ottimo cantante, bravo sia con il growling, sia con l’inhale e anche capace di sviluppare un buon tono stentoreo nel pulito. La troppa scolasticità delle linee vocali dei brani, tuttavia, ne tarpa le possibilità rendendolo alla lunga un po’ noioso. Tanto è vero che, gira e rigira, alla fine l’episodio più interessante e genuino del platter è “Dormientes Diabolus”, una strumentale, intrigante e suadente nel suo incedere (sempre) gagliardo ma ricca di risvolti armonici che, probabilmente, si sarebbero dovuti approfondire e sviluppare per tutta la durata del CD.     

Queste ultime considerazioni, seppur riguardanti pochi minuti di musica, lasciano intravedere che, oltre all’indubbia, fredda preparazione tecnica, il combo di Oberhausen ha nell’anima anche la capacità di saper creare della calda arte. “There’s No Place Like Home” è, in fondo, un album di debutto e, come a volte accade, racchiude molta ingenuità e immaturità. La sufficienza (anzi, qualcosa in più) è garantita ma, per ora, i due ensemble citati all’inizio rimangono su un altro pianeta: i Bust A Move devono ancora crescere, e tanto.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Intro 0:35
2. Contaminated 4:05
3. Inner Demon 3:24
4. Swallow The Pill Of Disrespect 3:09
5. There’s No Place Like Home 3:04
6. Desperation 4:21
7. Dormientes Diabolus 2:23
8. The Lion’s Prey 4:05
9. Misanthropic Hell 3:29
10. Catharsis Of The Damned 3:34
11. The Apocalypse 5:25

Durata 38 min.

Formazione:
Marc A. – Voce
Phil N. – Chitarra
Dimi T. – Chitarra
Lasse W. – Basso
Dominik S. – Batteria

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