Recensione: They Never Die
I Malsain nascono a Bergen come one-man black metal band per mano di Tenebres, ora bassista della formazione che vede Skumring alle voci, Valdr (ideatore insieme a Tenebres del concept iniziale) alle chitarre, Phobos alla batteria e Leprae alle tastiere.
Dal 2001 la band ha cambiato faccia diverse volte, ed è uscita allo scoperto nel 2004 grazie al demo “Søte Drømmer”. Dopo alcuni concerti nella loro città natia i Malsain si sono imposti al mercato con questo “They Never Die”, un’opera di breve durata ma dall’identità già abbastanza definita.
Difatti dal black metal di vecchia scuola, genere che si possono permettere di suonare a pieno titolo provenendo dalla culla più depravata di questo stile musicale, sono passati a un genere più oscuro, decadente, lento e con velleità – almeno a livello concettuale – quasi gotiche.
Una tenebrosa e breve intro di tastiere, “Troubled Waters“, porta immediatamente alla tiratissima prima traccia, “The Marsh” (titoli che ricordano decisamente i Kalmah) in cui si fa la conoscenza con la grattugiata voce del cantante Skumring. O meglio, della cantante.
Anche se sembra impossibile, e se non l’avessi letto non ci avrei mai creduto, il vocalist è una donna che riesce perfettamente a imitare uno scream gorgogliante maschile. Per questo non ci si trova immediatamente a disagio, dal momento che lo scream femminile in genere oltre a risultare poco aggraziato rende gli album molto squilibrati. Le chitarre molto ritmate e i frequenti assoli acustici contribuiscono a rendere l’album un’esperienza tormentata, quasi claustrofobica, un termine molto caro alla band di Bergen che addirittura lo utilizza per specificare il genere suonato.
Nonostante la breve durata dell’album, la traccia “Cold Strofobia” riesce a distendersi nell’album per quasi sette minuti, dimostrando che il black decadente riesce anche a essere elaborato, pur non dimostrandosi particolarmente eclettico. Purtroppo, le tracce scivolano via senza lasciare molto ricordo di sé, tranne una sensazione di essere imprigionati in un buio perenne fatto di lamenti e di tenebre stridenti. Interessante l’aggiunta di due particolari canzoni, “Kvele Seg“, dal riff portante simile a tutti i precedenti ma dalle linee melodiche interessanti, e Lokkemann, canzone uscita direttamene dal loro demo (penalizzata da una registrazione scadente) e per questo piuttosto originale rispetto al resto dell’album. Insomma, in sostanza questo “They Never Die” è un disco francamente un po’ troppo breve per poterne delineare efficacemente le caratteristiche principali, e inoltre soffre di quella monotonia di base tipica del metal più intimista e claustrofobico. Gli strumentisti sono adeguati, e la voce è la parte più sorprendente, ma rimane poco altro da apprezzare. Un buon album per gli amanti del genere, mentre è trascurabile per chi cerca un disco-simbolo del claustrofobic black metal nichilista.
Viene segnalata nella tracklist del libretto anche la presenza del video di Kvele Seg, ma mi è stato impossibile trovarlo nel CD, quindi il giudizio su quest’ultimo è sospeso. Produzione interessante, che ricorda vagamente i Khold e gli ultimi Enslaved, senza difetti degni di nota, ma in sostanza un po’ debole. C’è ancora spazio – e tempo – per migliorare e scalare la difficile strada verso il successo in questo genere molto difficile da appagare.
TRACKLIST:
1 – Troubled Waters
2 – The Marsh
3 – They Never Die
4 – Cold Strofobia
5 – Kvele Seg
6 – Brent Tre
7 – Lokkemann (Demo Version)