Recensione: Third Moon
Third Moon è il secondo parto discografico dei Fire Trails, HM band milanese fondata qualche anno fa dai due ex Vanadium Pino Scotto e Lio Mascheroni. Il primo disco si intitolava Vanadium Tribute e uscì nel 2003 per la nostrana Underground Symphony: all’interno conteneva pezzi dei Vanadium riproposti in chiave Fire Trails più qualche brano nuovo.
Cenni storici
Mr. Pino Scotto non lo scopro certo io, Third Moon rappresenta, se non erro, il sedicesimo album della sua lunghissima carriera musicale, iniziata alla fine degli anni settanta con i Pulsar. E’ stato il frontman dei Vanadium, indimenticato combo nostrano che durante gli anni ottanta riuscì a ottenere parecchie soddisfazioni a livello di vendite, andando ben oltre i livelli delle medie di allora. Furono la prima band HM italiana a pubblicare un album live, i loro video passavano spesso sulle televisioni e riuscirono a suonare insieme a band altisonanti come Twisted Sister e Motorhead. Il carattere di Pino Scotto, uomo tutto d’un pezzo assolutamente contrario a qualsiasi tipo di compromesso, chiuse parecchie porte ai Vanadium, proprio quando la loro popolarità era al top. A proposito di Vanadium: tutto quanto da loro pubblicato esiste solo in vinile o musicassetta. Nonostante le numerose richieste di loro materiale in Cd, pare che i master originali siano andati dispersi quindi, per ora, non esiste la possibilità concreta di poterseli procurare. Tornando alla storia, negli anni novanta lo scioglimento, Pino intraprende vari progetti personali:
Il grido disperato di mille bands (1992), Progetto Sinergia (1994), Segnali di fuoco (1997), Guado (2000), fino alla creazione, nel 2003, della sua ultima creatura: i Fire Trails.
Thrid Moon.
E’ stato registrato presso i Massive Arts Studios di Milano sotto la produzione dell’etichetta Valery Records. Siamo in presenza di un concept album suddiviso in undici pezzi che raccontano l’evoluzione dell’uomo, con le sue contraddizioni, gli errori e i momenti felici. Dopo la dipartita dello storico Lio Mascheroni dietro le pelli, Pino & Co. si sono avvalsi in studio della collaborazione di Mario Riso (R.A.F., Movida) e Tato (7 Vite). Attualmente la formazione annovera: Pino Scotto, Steve Angarthal, Larsen Premoli, Frank Coppolino e Mario Giannini.
La sinuosa titletrack, per chi non sente più la voce di Pino Scotto dai tempi dei Vanadium, presenta un singer alla carta vetrata: evidentemente quattro pacchetti di Lucky Strike al giorno e una bottiglia di Jack Daniel’s a notte fanno il loro bell’effetto. Probabilmente oggi Mr. Scotto sarebbe pronto per il proprio album definitivo di Blues, genere da lui tanto amato. Tornando a Third Moon, ottima la prova delle tastiere e della chitarra di Steve. Space and Sleeping Stones torna su territori più “heavy” mentre Fighter, dall’intro affascinante, nonostante il titolo promettente, è un episodio riuscito solo a metà, almeno per chi scrive. Il quarto pezzo, Brave Heart, è un mid tempo intrigante e sofferto dove il buon Pino dà fondo alle proprie capacità interpretative con un Angarthal sugli scudi.
Sailor and Mermaid parte come un pezzo prog d’altri tempi per poi tuffarsi in atmosfere anni ’70, pregne di tastiere demodé come nella successiva, strumentale, Reaching for the Sky. Devastante assalto all’arma bianca di chitarra in tipico stile Nwobhm per Silent Heroes che dopo l’inserimento della dolce (in questo caso) voce di Scotto esplode in un chorus che non vi sarà facile togliere dalla testa. Per il sottoscritto l’highlight di tutto l’album. God of Souls passa senza impressionare, mentre ancora reminiscenze settantiane la fanno da padrone in Freedom Tribes, dove di tanto in tanto rigurgitano sonorità degne di una festa paesana norvegese. Ottimo esempio di coesistenza pacifica di tastiere prog con chitarre heavy metal belle “piene”. I Jethro Tull, oooooppppppssss… scusate, i Fire Trails (per via del flauto), ci deliziano i padiglioni auricolari con il pezzo Stronghold, quello che più di altri mi ha rimembrato i grandi Vanadium di tutto il Cd. L’ultimo brano è Wise Man Tale, dove troviamo il Pino Scotto più epico del lotto che chiude superbamente il sipario su questo Third Moon.
Sicuramente questa ultima fatica dei Fire Trails denota una particolare attenzione al songwriting, inoltre dai solchi del dischetto ottico trasuda l’amalgama del combo milanese, se non ci fossero alcuni episodi poco riusciti, saremmo qui a recensire un album con tutti i crismi per diventare un classico del genere negli anni a venire.
Comunque, per chi da sempre crede che l’HM abbia bisogno di quando in quando di iniezioni di Blues, di quello buono, non si faccia sfuggire Third Moon, ultimo capitolo discografico dei Fire Trails di Pino Scotto, uno dei pochi sopravvissuti credibili e coerenti dell’HM italiano anni ottanta!
Stefano “Steven Rich” Ricetti