Recensione: Thirteen
Ennesimo bel disco dei britannici FM; come da titolo, il tredicesimo di una carriera lunga quasi quarant’anni, pur con un’interruzione tra il 1995 e il 2007. La band dell’ugola d’oro Steve Overland non smette di stupire positivamente per la freschezza compositiva che sa applicare a un genere musicale solo apparentemente inaridito e reso fuori fuoco dagli anni.
Il melodic rock degli FM è quanto di più canonico potreste attendervi; eppure, è così intrigante e coinvolgente che, alla fine di Thirteen, non solo vi verrà voglia di riascoltarlo, ma anche di riprendere in mano la discografia intera degli inglesi, tanta è l’omogeneità compositiva della band attraverso gli anni.
Siamo lì tra i Bad English e i Bon Jovi, tra i Journey e pure un po’ i Triumph. Produzione sopraffina, arrangiamenti eleganti e una gran prova strumentale della band avvolgono perfettamente una scrittura non certo originale, ma neppure datata. Insomma, un piacere per le orecchie del rocker.
Pescando dal mazzo, escono una Shaking The Tree forte di un ritornello semplice ma non così ovvio, o una Waiting On Love tastierosa e davvero Journey, con quel tono vagamente malinconico che è del genere. Turn This Car Around è un po’ la Blood on Blood degli FM, mentre Long Road Home è una ballad quasi country che non avrebbe sfigurato su certi dischi prodotti sul Sunset Strip tanti anni fa. Every Man Needs A Woman ha un buon riff che sostiene una canzone dal piglio deciso, mentre Fight Fire With Fire ha un andamento cadenzato che spezza il rischio di monotonia ritmica del disco.
Ma Thirteen non ha filler e si ascolta volentieri tutto d’un fiato, come si deve fare con i dischi che valgono e sono destinati, se non a lasciare un segno, almeno a durare nel tempo e a farsi sempre riscoprire con piacere. Gli FM sono eccezionali dal vivo: ci auguriamo che gli eventi ci permettano di rivederli presto sulle assi di un palco. I pezzi di Thirteen certo non sfigureranno nella scaletta accanto ai grandi classici dei britannici.