Recensione: Thornography
I Cradle of Filth sono indubbiamente uno dei gruppi più discussi del panorama metal attuale. Tralasciando le solite disquisizioni sul genere da loro suonato, se sia o no black, se sia o no gothic, che sinceramente lasciano il tempo che trovano, non potevano naturalmente mancare le polemiche sul loro essersi o meno venduti. Quando firmarono per la Sony, in molti credettero di rilevare in questo un indizio della loro commercializzazione, ma furono smentiti da un album estremamente complicato come “Damnation and a Day” (che probabilmente decretò, con la sua non-immediatezza, la fine della collaborazione con la major). Di tutt’altro genere invece il successivo “Nymphetamine” che strizzava molto l’occhio alle sonorità rock, molto “easy-listening” e che naturalmente fece storcere il naso a molti per la sua “leggerezza”.
Cosa troveremo quindi in questo “Thornography” ? È lecito aspettarsi qualcosa di ulteriormente nuovo dopo i precedenti capitoli che avevano così tanto variato il sound della band inglese? Probabilmente si, ma in questo caso si rimarrebbe in parte delusi.
La prima traccia, “Under Pregnant Skies She Comes Alive Like Miss Leviathan”, nonostante il titolo chilometrico, è solo una intro strumentale nel classico stile della band, anche se in questo caso scritta sotto appalto. La composizione è infatti opera degli Angtoria, band legata a doppio filo ai Cradle perché vi canta Sarah Jezebel Deva. Molto sinfonica, atmosfera da film horror, abbondante uso di tastiere e di cori femminili. Un buon pezzo che però non aggiunge nulla di nuovo alla carriera dei vampiri inglesi. Esso ci porta verso “Dirge Inferno”, unico brano rilasciato in mp3 alcuni mesi fa come antipasto al disco. Quello che subito si coglie è come il song-writing di questa canzone richiami molto “Damnation and a Day”, pur senza tutte le imponenti orchestrazioni che caratterizzavano quel disco, puntando quindi maggiormente sugli strumenti canonici come chitarre, basso e batteria.
Dopo un inizio abbastanza atipico per i Cradle of Filth, “Tonight in Flames” si instrada verso lidi già noti ai fan del gruppo. Introduce però un “innovativo” coro misto, composto dalla voce femminile e da quella di Dani, quest’ultimo in particolare parte con un tono pulito basso per arrivare al growl verso la fine del duetto e continuare poi da solo. Ttuto ciò contribuisce a creare un sound relativamente nuovo che finora non mi pare si fosse ancora sentito nei brani degli inglesi.
Nulla da segnalare per “Libertina Grimm”, canzone molto “alla Cradle” senza altro da aggiungere ne nel bene, ne nel male.
“The Byronic Man”, presenta l’inedito duetto tra Dani e Ville Valo, cantante degli HIM. Sarebbe probabilmente facile parlare male di questo brano per partito preso a causa della presenza della seconda voce, in realtà questa traccia presenta un ritornello demandato ai due singer piuttosto orecchiabile. Ville Valo poi si fa sentire bene solo nel finale della canzone, in cui si esprime in brevi passaggi solisti su tappeti sonori più lenti e atmosferici rispetto ai ritmi più serrati del resto della song. In definitiva la sua partecipazione al brano non risulta poi fondamentale.
A seguire troviamo “I Am the Thorn”, traccia più lunga del disco, che si segnala solo per il saltuario uso di filtraggi elettronici usati per la voce femminile sui ritornelli e in alcuni punti anche per le chitarre.
Per fortuna i Cradle of Filth qualche indizio che non siano completamente finiti ce lo lasciano con “Lovesick for Mina”, canzone che vive di una doppia natura, da una parte ballad, dall’altro brano feroce e aggressivo. Per carità, neanche questa canzone risulta essere niente di estremamente originale ed incarna in pieno lo stile della band di Dani, ma dal punto di vista della composizione è sicuramente uno dei punti più alti raggiunti da questo cd.
Si preme sull’acceleratore con “The Foetus of a New Day Kicking”, “easy-listening” e batteria a mille sono le parole chiave di questo brano che rispolvera anche il coro misto maschile-femminile già sentito su “Tonight in Flames”.
L’inizio della decima “Rise of the Pentagram” è affidata a un lungo monologo recitato che introduce la terza e ultima delle suite di questo disco dopo “I Am the Thorn” e “Lovesick for Mina”. In questo caso però si tratta di un lunghissimo pezzo quasi esclusivamente strumentale. Se si esclude infatti il pezzo parlato iniziale, ci troviamo di fronte a oltre sette minuti di sola musica. Sette minuti che però scorrono via molto velocemente e senza far assolutamente rimpiangere la mancanza del cantato.
Molto classica anche la penultima “Under Huntress Moon” in cui un certo risalto è dato a Sarah Jezebel Deva, qui libera di esprimersi in modo più canonico rispetto alle sue precedenti collaborazioni con i Cradle of Filth. Interessante l’esperimento polifonico a cui è demandato il finale del brano.
Particolare la chiusura del disco demandata a “Temptation”, cover decisamente “strana” dato che si tratta di una canzone pop degli anni ’80 degli Heaven 17, corredata anche da un buon numero di passaggi con ritmi elettronici quasi da discoteca. Altrettanto particolare il duetto regalato da Dani in compagnia di un voce femminile ora pulita e melodica, quasi eterea, ora molto aggressiva e volutamente quasi sgraziata. Quello che però risulta forse più strano è come questa traccia si riveli infine una delle più interessanti e brillanti del disco. Se dobbiamo rivolgerci a una cover per trovare qualcosa di nuovo e di accattivante in questo disco, forse è sinonimo che c’è qualcosa che non va.
Con questo “Thornography” i Cradle of Filth cercano di riconquistarsi la fetta dei propri fan che erano rimasti delusi dal precedente “Nymphetamine” e lo fanno tornando in parte sui propri passi. Sfornano quindi un album sufficiente, con canzoni elaborate e complesse che vorrebbero ricordare la loro migliore tradizione, ma senza incidere più di tanto. Da loro è lecito aspettarsi ben di più e questo disco, pur trattandosi di un gradito ritorno verso i lidi che li hanno resi celebri mettendo da parte certe soluzioni “goth-rock oriented”, si attesta nella media delle produzioni della band senza lasciare molto per farsi ricordare. Anzi, risultando dopo diversi ascolti piuttosto noioso, salvo alcune rare eccezioni.
Tracklist:
01 Under Pregnant Skies She Comes Alive Like Miss Leviathan
02 Dirge Inferno
03 Tonight in Flames
04 Libertina Grimm
05 The Byronic Man
06 I Am the Thorn
07 Cemetary and Sundown
08 Lovesick for Mina
09 The Foetus of a New Day Kicking
10 Rise of the Pentagram
11 Under Huntress Moon
12 Temptation
Alex “Engash-Krul” Calvi