Recensione: Those Once Loyal

Di Michele Carli - 24 Novembre 2005 - 0:00
Those Once Loyal
Band: Bolt Thrower
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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83

I Bolt Thrower sono tornati!
E’ questo che ho pensato una volta messo nel lettore questo tanto, tantissimo atteso
Those Once Loyal. Un attesa diventata sostenibile a stento dopo la notizia del rientro alla voce dello storico cantante
Karl Willetts a causa dell’uscita di Dave Ingram (ex Benediction) mai troppo a suo agio nel gruppo. E questo fatto sembra aver gettato una gran bella secchiata di benzina nel fuocherello che erano diventati ormai i nostri, che nel 2005 tirano fuori il più bel disco della loro carriera dai tempi di
…For Victory.

Ed è proprio il succitato disco che ci torna in mente ascoltando il nuovo lavoro, assieme alla cupezza di
The IVth Crusade: tempi più veloci rispetto a Honour Valor Pride si fanno subito strada nella splendida opener
At First Light, con un refrain che ci metterà veramente poco ad entrarvi in testa. Ma il meglio deve ancora venire, e infatti la seconda traccia del platter (usata, tra l’altro, anche come mp3 in anteprima promozionale dal gruppo) ci dimostra il grado di ispirazione dell’esperta formazione inglese:
Entrenched è, a mio parere, la miglior canzone del lotto ed una delle migliori in assoluto dei Bolts stessi, con un paio di riff pesanti ma dinamici sostenuti da ritmi trascinanti e cadenzati fatti per scuotere la testa, alternati a parti più veloci che non venivano scritte dal combo da anni si susseguono inesorabili per lasciare spazio ad un solo emozionante nella sua semplicità. Dopo aver ripreso un po’ di fiato, si continua con un altra perla, ovvero
The Killchain (l’inizio vi ricorda forse qualcosa? Cenotaph? Embers? Proprio cosi), una canzone con parti di chitarra scontatissime fatte di poche note che bilanciano la perdita di complessità a favore di un muro sonoro di tutto rispetto. Il disco continua snocciolando pezzi interessanti come
Salvo, Anti-Tank (Dead Armour), Granite Wall, regalandoci momenti di old school Death Metal come non se ne sentivano da tempo, senza nessun riempitivo, con tracce fatte di passaggi catchy ed altre invece della portata di un macigno di marmo, il tutto contornato dalla prestazione sopra le righe di
Karl Willetts che non sembra risentire dello scorrere del tempo come il resto del genere umano. I momenti epici prerogativa del gruppo, poi, trovano libero sfogo nella splendida ed imperiosa title track che ricorda non poco quella di
…For Victory, e nella conclusiva When Cannons Fade, dove le atmosfere prevalgono sull’attacco frontale, relegato per lo più alle tracce poste in apertura. La produzione, inoltre, è migliorata rispetto a quella già ottima del precedente disco, mettendo in rilievo il lavoro di ogni musicista (ebbene si, anche il basso si sente chiaramente!), e la versione digipack del disco arricchisce ulteriormente il tutto con la bonus track
A Symbol Of Eight, che risulta essere una classica b-side.

Non siamo sicuramente di fronte ad un lavoro in grado di smuovere quelle solide colonne segnate dal tempo dei vecchi fasti del gruppo, ma
Those Once Loyal resta comunque una bellissima sorpresa che tira di nuovo su il quintetto da quei due mezzi passi falsi di
Mercenary e Honour Valor Pride, rivitalizzati da un’ispirazione inaspettata arrivata come un vero e proprio salvagente.

Tracklist:

01. At First Light
02. Entrenched
03. The Killchain
04. Granite Wall
05. Those Once Loyal
06. Anti-Tank (Dead Armour)
07. Last Stand Of Humanity
08. Salvo
09. When Cannons Fade

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