Recensione: Thousand Years of Terror
Ormai la globalizzazione ha prodotto i suoi effetti in tutti i campi delle attività umane, compresa quella che riguarda il metal estremo. Così anche la Russia, relativamente da poco sulla scena metallica, è in grado di scatenare sulla Terra band agguerrite e vogliose di sangue, dopo il lungo digiuno antecedente all’affievolirsi dello spessore della cortina di ferro.
Gli Skyglow sono una di queste ultime, ancorché nati l’anno scorso in quel di Mosca. Detto anno di formazione non deve tuttavia ingannare poiché i Nostri sono presenti sulla scena da un lasso di tempo maggiore, 2012, avendo agito con line-up e moniker diversi da quelli attuali.
A suggello di una tradizione che pare muovere i primi, importanti passi, il combo russo non pratica death metal puro e semplice, bensì un crossover fra il death stesso e il progressive. Per quello che, comunemente, è chiamato progressive death metal. Sempre di death si tratta ma abbondantemente arricchito dalle ramificate propaggini tecnico/artistiche tipiche del progressive.
Uno stile ben presente nel debut-album dei moscoviti, “Thousand Years of Terror”, pregno di digressioni evoluzionistiche evolventisi da una struttura di base piuttosto semplice – nel senso di non-astrusa – rimandabile, comunque, alle emanazioni più raffinate del death metal. Le song, difatti, presentano una notevole quantità di ammennicoli e orpelli addirittura, a volte, dal profondo spirito neoclassico (‘Losing Humanity’).
Song varie e piuttosto diverse, come concezione di base, le une dalle altre. Come se fossero state scritte in epoche diverse. E così dev’essere, giacché gli Skyglow impiegano un gran fatica a tenere tutto assieme, evitando cioè sfilacciamenti tali da rendere “Thousand Years of Terror” più una compilation di gruppi diversi invece che un’unica opera di un’unica mente pensante. Tale concetto è un po’ forzato ma serve per rendere bene l’idea della difficoltà dei tre ragazzi russi a fissare uno stile forte e adulto, tale da renderli riconoscibili con la dovuta facilità. In ogni caso gli embrioni di una foggia musicale che, al contrario, possegga la caratteristica sopra richiesta, ci sono. Sono sparsi un po’ dappertutto, nel full-length e indicano, anch’essi, che “Thousand Years of Terror” sia un’opera prima assommante a sé tutti difetti tipici dell’affrontare, per la prima volta, appunto, la difficoltà di esprimere un songwriting qualitativamente elevato, costante, senza tentennamenti né cambi di forma musicale.
L’aspetto tecnico non si discute, invece, poiché la precisione di esecuzione tiene lontani dai brani del platter difetti e indecisioni varie. Questo fatto, unitamente al sentore di una crescita artistica che non potrà non mancare via via che Alexander Mokin e i suoi compagni proseguiranno per la propria strada, rende in ogni caso “Thousand Years of Terror” un lavoro appetibile per tutti coloro che, dal death metal, esigono qualcosa di più.
Per ora c’è solo una risicata sufficienza grazie alla grande abilità e passione che i membri degli Skyglow mettono nella propria fatica. Poi, si vedrà, perché, e su questo non ci sono dubbi, gli Skyglow medesimi sono un ensemble da tener d’occhio.
Daniele “dani66” D’Adamo