Recensione: Threads are Breaking
I Torinesi Spidkilz nascono nel 2010 da un’idea di Elisa ‘Over’ De Palma, forte dell’esperienza fatta come vocalist negli White Skull, con i quali ha inciso l’album ‘Forever Fight’ del 2009.
Dopo un primo EP, ‘The Ultra Demo’ del 2011, ed acquisita la giusta esperienza live, il combo pubblica il primo Full-Length, ‘Balance Of Terror’, uscito nel 2013 sotto la label L.A. Riot Survivor Records, ottenendo buoni consensi.
Dopo sette anni la band si ripresenta prepotentemente con il secondo album: ‘Threads Are Breaking’, registrato nell’estate del 2019 presso i Tortonia Studio di Poirino (TO) e reso disponibile, attraverso gli stessi Tortonia Studio in collaborazione con Broken Bones Records, dal 20 febbraio 2020.
Rispetto al lavoro passato si evidenzia solo un cambio di line-up: Riccardo Bazzinelli siede dietro le pelli al posto di Mattia Rubino.
Per il resto ‘Threads Are Breaking’ dimostra la maturità della band, che riesce ad amalgamare bene le sfuriate Thrash con i toni epici del Power, dando vita, non tanto a qualcosa di nuovo (cosa parecchio difficile al giorno d’oggi), ma personale, senza cadere nella trappola del prolisso e dello scontato, in cui si può cadere quando si lavora con generi ibridi.
Questo perché lo stile degli Spidkilz non è un vero ibrido, ma un buon bilanciamento di furia, dolore e forza guerriera, in quanto attinge da due generi nati dalla stessa costola dello Speed Metal.
Gran lavoro vocale di Elisa, potente ed aggressivo e di ampia tonalità, supportato da quattro musicisti che dimostrano di sapere il fatto loro.
Ampio lavoro del basso (Michele Barillaro), le cui linee sono spesso messe in evidenza per accentuare i passaggi più grevi e bel martellamento della batteria, ad opera del già citato Riccardo Bazzinelli, vario ed incessante.
Chitarre (Francesco Musumeci e Alessandro Pantalisse) ben presenti, con tanti riff aggressivi ed assoli, che non stancano neanche quando prolungati.
‘Threads Are Breaking’ è un lavoro completo e con tante variabili, con un songwriting a volte diretto ed a volte più articolato e complesso, con parecchi assalti all’arma bianca e slanci di rabbia, ma anche intriso di momenti più riflessivi, dove viene posto l’accento su disperazione e sofferenza.
Temi attuali espressi tramite paragoni con le figure della mitologia greca: le debolezze degli esseri umani da una parte, come l’avidità di Re Mida, punito con il ‘dono’ di tramutare in oro ogni cosa che tocca, l’arroganza di Aracne, trasformata da Atena in un ragno per averla sfidata, la fissazione di Narciso, morto per essersi innamorato della propria immagine riflessa, mentre dall’altra le forze di divinità come Gea la potenza divina, Ares dio delle guerra, Chronos padrone del tempo (da non confondersi con Conrad Thomas Lant, padrone del primo Black Metal) e Dionisio dio dell’estasi.
Gli Spidkilz aggrediscono da subito con ‘Gea’, immediata, veloce e potente.
La successiva, ‘Midas’, ha una tessitura articolata e cangiante, con ricchi cambi di tempo che sottolineano rabbia ed angoscia.
La carica Thrash esplode in ‘Arachne’, diretta e furiosa quanto coinvolgente e dinamica.
‘Narkissos’ è una ballata che s’indurisce mettendo in evidenza molto dolore.
Con il frastuono marziale di ‘Ares’ si corre sul campo di battaglia mentre ‘Kronos’ è un brano che alterna andature cadenzate a slanci infuriati.
‘Dionyos’ è un brano pesante, scuro ed avvolgente che anticipa l’ultima esplosione del lavoro: la traccia che dà il titolo all’album, ‘Threads Are Breaking’, è pestata, dura, incisiva ed anche un po’ folle, una buona chiusura.
Tirando le somme, l’ultimo lavoro degli Spidkilz convince parecchio, con tanta energia ed adrenalina che escono con prepotenza dai solchi. Attendiamo con viva curiosità il prossimo, augurandoci che non passino altri sette anni. Per ora molto bravi!