Recensione: Three
La Tommy Fiammenghi Band emette i suoi primi vagiti nel 2005, attraverso un’intensa attività “live” nella zona del Pavese e dintorni, come alfieri del Rock tradizionale.
Nel 2006 viene prodotto il primo album dall’eloquente titolo “Songs from a year”.
Dopo alcuni avvicendamenti all’interno del gruppo, si arriva al 2012, anno di produzione di “Into the storm”, disco di discreto successo che conferma l’anima essenzialmente “Hard Rock” della band.
Con il 2016 si apre una nuova fase per la vena creativa del guitar-hero, il quale sforna un altro prodotto per la gioia di tutti gli amanti del genere: “Three” si presenta, infatti, come una celebrazione del Rock di vecchia scuola, sano e genuino, che scaturisce dai canoni classici della Storia.
Una struttura robusta, una solida impalcatura condita da riffoni ben articolati sono gli elementi essenziali dell’opener “Till Morning Comes”, che introduce l’ascoltatore in un mondo alquanto familiare, palesando tutti i suoi connotati stilistici: una voce corposa, una chitarra incisiva e possente, basso e batteria di spiccata personalità.
L’atmosfera “Anni 80” è ancor più palpabile in “The Glory of Rock”, cavalcata da un ritmo incalzante e arricchito da un assolo pirotecnico nel mezzo, che sprigiona grinta e un tiro notevole a ogni nota.
“Open the Door” evidenzia un’ottima performance vocale, molto sentita così come la parte chitarristica, in grande spolvero e ben dosata, specie nel solo. Relativamente ai cori, si segnala la presenza di uno special guest al femminile, ovvero Chiara Jones.
“Wonderland” è dominata da un refrain assai orecchiabile e suadente, che accompagna e sostiene tutta la traccia, in un altro tipico episodio celebrativo dell’indimenticato Hard Rock, qui attualizzato da una certa freschezza di suoni.
Un inizio più lento e pacato introduce la greve “So Loud”, mid tempo roccioso, molto grezzo ed essenziale specie nel lavoro chitarristico.
“Lady” è un episodio piacevole e variegato, agile e spensierato, di stampo Prog soprattutto per i repentini cambi di ritmo, i continui passaggi, le alternanze e l’impostazione dinamica.
La title-track, “Three”, si apre con un arpeggio smaccatamente Blues, che fa da preludio a un attacco vigoroso e sostenuto, con una sezione ritmica sugli scudi e una chitarra possente e incisiva nel tracciare il cammino. La song procede disimpegnandosi fra stacchi poderosi e scale mozzafiato (Van Halen style), fino alla chiusura pirotecnica.
“Immortal” esordisce con un arpeggio acustico di Zeppeliniana memoria, molto suggestiva e “catchy”. La voce, più ammorbidita rispetto alle timbriche degli altri brani, palesa un approccio melodico e appassionato, di notevole pathos, nel rispetto dei canoni delle migliori rock ballad della Storia. L’assolo – rigorosamente acustico – è di gran classe e suggella al meglio tutta l’energia di questo episodio intimo e ispirato.
Il rumore del vento condisce di fascino l’intro di “Albatross”, in cui spicca ancora un ottimo lavoro della base ritmica con le chitarre sugli scudi, così come le parti vocali contraddistinte da una buona dose di poesia in un inno al volo e, quindi, alla libertà.
Nell’ultima canzone, “You will be all right”, emerge una voce alla Zakk Wylde, stacchi e riff belli spessi inframmezzati da un bridge soft, una ripresa su ritmi più spediti e “guitar solos” gustosi e tecnici, con picchi lancinanti e trame di ottantiana memoria. A tale proposito, va sottolineata la presenza di un altro guitar-hero assai noto al pubblico: parliamo niente di meno che di Graziano Demurtas, alias “il Conte” (ex Wine Spirit), il cui tocco impreziosisce quest’ultima traccia dell’album.
Per coloro che già conoscono lo stile di Fiammenghi, “Three” rappresenta una conferma delle sue indiscusse qualità tecniche e artistiche.
Per chi, invece, non ha avuto la possibilità di gustarne le performance (riferite sia ai prodotti “in studio” sia alle situazioni prettamente “live”), questo disco – in quanto celebra e ripropone i fasti dell’Hard Rock classico – può costituire la migliore chance per apprezzare le caratteristiche del musicista pavese, in nome di quell’intramontabile genere che da decenni mette tutti d’accordo.
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Il disco è stato registrato, mixato, masterizzato da Fabio Minelli presso Maxstorm Studios.
Prodotto da Fabio Minelli e Tommy Fiammenghi, è distribuito da Ma.Ra.Cash Records anche in U.S.A. e Giappone