Recensione: Threnodies to Eternal Despair

Di Daniele D'Adamo - 31 Gennaio 2025 - 0:00
Threnodies to Eternal Despair
Etichetta: Art Gates Records
Genere: Death 
Anno: 2025
Nazione:
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70

Che il popolo del Regno Unito prenda da sempre sul serio la musica in generale è cosa nota. Sono innumerevoli, infatti, gli artisti che, praticamente in tutti i generi, hanno scritto pagine importanti della sua Storia.

Non c’è quindi da stupirsi se gli Infested Angel, formatisi nel 2019 e composti da due soli membri, arrivino al debut-album, “Threnodies to Eternal Despair“, con un bagaglio tecnico-artistico di buon livello.

Il loro genere è il death ma, come sempre più spesso accade in questi ultimi anni, fortemente contaminato da altre fogge musicali fra le quali campeggia il black metal.

Questo connubio, che regala anche alcuni momenti di melodia (“To Never Return“), ha degli esiti devastanti. L’attacco frontale, prima cosa, è ai massimi livelli producibili da esseri umani. La chitarra di Andrew Bryan e la batteria di Patryk Kaczmarek, pur dando vita soltanto a un duo, macinano musica violentissima, che travolge tutto e tutti come l’onda d’urto di un ordigno nucleare, alimentata dagli spaventosi attacchi al fulmicotone dei blast-beats (“Euphony of Dismay“).

Il marasma è totale e la carne trema come se fosse frustata da immaginarie propaggini metalliche. Marasma, non caos. Seppure piuttosto difficile da digerire, i Nostri sanno bene cosa e come debbano mettere giù una miscela turbolenta ma sempre e comunque comprensibile, in particolare, ovviamente, per chi ama il metal ultra-estremo (“Dread Incorporeal“). A questo punto vengono in mente i concittadini Anaal Nathrakh per via della smisurata potenza tellurica in gioco e del fatto che anche in questo caso i musicisti siano due. Probabilmente si tratta solo di un caso o di uno spirito di emulazione, dato che gli approcci musicali sono decisamente dissimili.

Tornando al disco, non solo sfascio, però. Gli Infested Angel si mostrano a proprio agio anche in alcuni momenti di pregevole fatture armoniche, come la chitarra classica che intona l’intermezzo “Fields of Ashes” oppure l’intro al pianoforte di Nathaniel Coxon (“The Lost Battle“) ma anche il coro (sic!) di “Suffering and Retribution“.

Si tratta solo di poco più di un battito di ciglia, giacché “Control of Fear” riporta l’attenzione sulla Terra ma soprattutto nel suo interno, nelle sue viscere, ove bivaccano coloro che vivono soltanto di underground. Il sound dell’LP è invero sporco, fangoso, lontano anni-luce dalle cristalline produzioni del death… famoso.

LP che si mostra vario, con molti cambiamenti di umore e con canzoni dotate di una propria anima, ciascuna diversa dalle altre per un complesso che, forse, tende a faticare un po’ a trovare le coordinate del proprio stile. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che, come detto, il CD sia un’Opera Prima, magari composto da brani composti in epoche diverse. A parere di chi scrive, questo non è un difetto vero e proprio, giacché il girovagare a volte complesso di note tiene lontana la noia. Grazie, nondimeno, alle folli linee vocali di Bryan. Del tutto inintelligibili e per questo fonte di mistero, esse spaziano da un profondissimo growling alle clean vocals, rendendosi utili per la formazione di quel sound limoso di cui si parlava. Le quali, incastrate nei putridi accordi della sei corde, instillano nella mente di chi ascolta un mood sì caleidoscopico ma sempre ancorato alle emozioni più oscure e tenebrose che albergano, silenziose, nell’animo umano.

Alla fine, escludendo le due bonus-track “The Bastard Will Materialise” e “Unholy Decay” – che comunque nulla aggiungono, nulla tolgono a quanto già esplicitato, torna Coxon per musicare con il suo delicato tocco al pianoforte “Into the Night’s Embrace” e chiudere quindi, fra le gocce di pioggia, un album che mostra come gli Infested Angel abbiano un notevole margine di crescita.

Al momento non si sa se andranno avanti ma, se lo faranno, il metallo oltranzista sicuramente si arricchirà di una band dal valore assolutamente rilevante.

Daniele “dani66” D’Adamo

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