Recensione: Through All Times
Aria in russo Ария. Curioso come questa band in Russia raccolga stadi interi di appassionati ed invece, pur essendo sempre in Europa, qui in Italia non la conosca praticamente nessuno. Come d’altronde tutto il panorama Rock /Metal della Madre Russia. Questo probabilmente per delle barriere create più per gli interessi dei politici e delle multinazionali, che per il volere del popolo, delle persone, che sono unite invece sotto un’unica bandiera: lo stendardo dell’Heavy Metal. Il genere metal, si sa, è il genere musicale che più di altri unisce le persone, cosi nel lontano 1985 quando vede la luce il primo album della Heavy Metal band Aria, dal titolo “Mania Velichia” (tradotto “La Mania di Onnipotenza”) è stato subito un fulmine a ciel sereno nel panorama musicale Sovietico – eh già nel 1985 siamo in piena URSS – ed ha subito attratto il pubblico sotto quello stendardo cui facevo riferimento prima e gli appassionati russi finalmente potevano esclamare : “Ora anche noi abbiamo i nostri Iron Maiden, caxxo”
E cosi di album in album si confermavano, crescevano come band e come sostenitori, facendo crescere a dismisura la schiera di “Ariani” (passatemi il termine). Rimanendo sì sempre di nicchia (purtroppo il destino del nostro genere preferito, anche se forse è meglio cosi), ma questa nicchia è diventata una bella macchia che si è allargata fino a raccogliere decine di migliaia di appassionati.
Dopo questa lunga, ma secondo me doverosa introduzione andrei ad approfondire l’ultima fatica dei Nostri. Il quindicesimo album da studio, uscito nel 2014, dal titolo “Through All Times” (“Через Все Времена”).
Si comincia con una cavalcata molto maideniana, la title track, “Through All Times”, aggressiva, con una bella melodia, un ritornello immediato e un assolo ricercato per niente scontato e molto consistente del bravissimo chitarrista Vladimir Holstinin. Un inizio d’impatto e molto adatto per i live insomma. Con il secondo brano “City” (“Город”) si cambia, un intro d’atmosfera un po’ elettronico, che crea un ambiente quasi Scifi della “città” futuristica, che poi prosegue con un riff Heavy e deciso. Poi subentra la sublime voce del cantante Mikhail Zhytniakov che varia molte tonalità, con un ottimo effetto finale per estensione e interpretazione. L’assolo è ridotto all’essenziale, ma giusto per una canzone che è più d’atmosfera che d’impatto. Il Terzo brano “Glare of the Sun” (“Блики солнца на воде”) è un mid-tempo con un ritmo un po’ blues e un ritornello forte e potente, ma la cosa che spicca è l’assolo trascinante che viene introdotto dal basso di Vitaly Dubinin creando una delicata base allo sfoggio tecnico della chitarra. Il brano viene chiuso con il ritornello e infine il ritorno della sezione blues. Poi troviamo la coppia “Do not be Mad” (“Не сходи с ума”) e “Time of Eclipses” (“Время Затмений”), tipiche canzoni Heavy dove sfoggia la sua bravura Sergey Popov con i suoi riff di chitarra. La prima, un inno alla libertà della nostra mente e la seconda, invece, un po’ pessimista sui nostri tempi che portano all’autodistruzione. Entrambe racchiudono tutta l’alchimia di un buon brano Heavy Metal, bei riff, ritornelli immediati e potenti, gli assolo veloci, tecnici e sempre ricercati. “Point of no Return” (“Точка Невозврата”), la prima vera ballad dell’album, non tradisce il classico concetto che le metal band sono sempre molto brave a creare bellissime e toccanti ballate. Qui c’è tutto questo, un brano pieno di emozioni e bellissime melodie che toccano la profondità della nostra anima. “Angels of Heaven” (“Ангелы Неба”) è un tributo chiaro agli Iron Maiden, un brano che fa capire come mai gli Aria spesso vengono chiamati i Maiden Russi. Una canzone che ricorda moltissimo “2 Minutes to Midnight”. Curioso comunque l’ascolto, perché ovviamente il brano dello storico gruppo britannico viene rielaborato e reinterpretato in una veste più personale. L’ottavo brano “Attack of the Dead” (“Атака Мертвецов”) non aggiunge né toglie niente all’album. L’unica cosa che forse rimarrà impresso è l’assolo delle chitarre, molto lungo ed elaborato, che intreccia più melodie e mette una marcia in più al brano dalla metà in poi. Ecco che siamo alla seconda ballad del album: “Call of the Deep” (“Зов Бездны”). Molto diversa dalla prima, “Point of no Return”, in quanto punta più sull’armonia e l’arrangiamento, è più pacata e trasmette un senso di malinconia e tranquillità, meno “strappa cuore” della prima, ma più metodica e progressive nelle sonorità. L’album si chiude con “Running Man” (“Бегущий Человек”). Il brano mostra la capacità compositiva del gruppo, una canzone molto intelligente, forse racchiude più delle altre lo spirito, l’essenza e la capacità di fare musica degli Aria. Degna di nota la bravura mostrata nel brano di tutto il collettivo, ma sottolineiamo la tecnica soprattutto della batteria di Maxim Udalov, con un ritmo spezzante ed incisivo. Ottimo brano, si chiude in bellezza insomma!
Tirando le somme possiamo dire che è un ottimo album per farsi finalmente conoscere dal pubblico internazionale per gli Aria, racchiude in sé tutti gli elementi che li hanno reso famosi in Russia. Dal punto di vista della produzione è al passo con i tempi. Tecnicamente perfetto. Consigliato a tutti coloro che nonostante tutte le possibile contaminazioni sono fedeli al buon vecchio Heavy anni 80/90. A coloro che vogliono scoprire qualcosa di nuovo e lontano, una proposta nuova per voi di un genere ormai vecchiotto. La critica che si può fare è forse il fatto che nonostante l’ottima produzione e alcune idee innovative, mostrano comunque gli anni che hanno. Sono sempre loro, un po’ sempre gli stessi, nel bene e nel male. Però, per chi non li conoscesse questo “Through All Times” è consigliatissimo per aprire le frontiere e conoscere coloro che uniscono migliaia di persone sotto la Bandiera del Metal nella cosi lontana e cosi vicina Russia.