Recensione: Through The Eyes Of Robert Lees
Album ricercato ed affascinante questo primo episodio solista di Lee Small, singer di origini britanniche ancora poco noto al grande pubblico (in passato con Phenomena, Surveillance e Pride ed attuale frontman degli Shy), ma dalle indubitabili e manifeste abilità artistiche.
“Through The Eyes Of Robert Lees” è un concept interessante e dall’ambientazione sinistra – la Londra del 1888 – che, pur vertendo sulla figura iper sfruttata ed arcinota del terribile Jack Lo Squartatore, visto attraverso gli occhi di Robert Lees (giornalista, scrittore e medium dell’epoca), rivela alcuni punti di forza da non sottovalutare ed un carico di talento notevole.
Movendosi a cavallo tra svariate influenze ed accogliendo sfumature vicine ora all’hard rock più melodico, ora al progressive meno ostico, ora al dark dal taglio poco intransigente (senza dimenticare puntatine nel funky e nel modern rock), la voce di Small, evidente discepolo del grande Glenn Hughes, dipinge una serie di arie fascinose ed impeccabili, aiutato da un tappeto di suoni e da una produzione di discreta qualità, ben messi in campo al fine di rafforzare le intense atmosfere di cui l’album è profondamente intriso.
Talora goticheggiante e “piovoso”, il disco porta in dote un nucleo di pezzi di fattura molto buona, dei quali, almeno tre / quattro, obiettivamente al sopra della media.
Brani gradevoli ed avvolgenti come “Children Of A Lesser God”, “Garden Of Eden”, “Angels Are Falling” e “The Ghost In The Machine”, senz’altro i migliori del lotto, rivelano un’anima all’apparenza fulgida, celando in realtà un originale retrogusto dark, paragonabile all’effetto creato dalla fioca e pallida luce del sole invernale.
Nella singolare comparazione d’aspetti agro-dolci e di sonorità altalenanti, in bilico tra aperture di solido rock e situazioni vicine al dark-prog più elegante, non pare fuori luogo azzardare un accostamento con lo spirito (solo quello però) dei sempre troppo sottovalutati Nightingale, eroi di un genere musicale originalissimo e dall’elevato tasso di personalità.
In più, squisito valore aggiunto, non può essere messa in second’ordine la voce sorprendente e di gran classe del bravo Lee Small, come detto “piccolo” Glenn Hughes in rampa di lancio che, attraverso l’interpretazione passionale e coinvolgente d’ottime canzoni come “Time For Awakening”, “Annie”, “Black Sky” e “Waking The Dead”, sembra offrire il giusto tributo al sommo maestro, confezionando un’eccellente prova da autentico fuoriclasse.
Una voce soul, in grado di aggredire la nota e renderla unica, d’interpretare con vigore e grinta così come d’accomodarsi su toni soffusi e ammorbiditi, porta alla ribalta un artista eclettico e raffinato, non solo dotato d’eccellenti corde vocali, ma anche davvero bravo con basso e chitarra.
Con ogni probabilità, una delle future stelle del circuito hard rock internazionale.
“Through The Eyes Of Robert Lees” è pertanto un disco che, a dispetto delle tematiche oscure e delle ambientazioni inquietanti, mostra un complesso in cui le ombre paiono effettivamente pochine e le “luci” senza dubbio in netta preponderanza.
Una piacevole sorpresa, realizzata con ingredienti di valore dove, aspetto basilare ed imprescindibile, la buona musica non manca ed è sempre mantenuta in primo piano.
Dategli un ascolto, se siete alla ricerca di qualcosa di un po’ diverso dal solito, pur sempre in ambito hard rock, la prima uscita solista di Lee Small potrebbe fare certamente al caso vostro.
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Tracklist:
01. Black Sky
02. Children Of A Lesser God
03. Secret Journey
04. Garden Of Eden
05. Complicated World
06. Angels Are Falling
07. Time For Awakening
08. Annie
09. The Ghost In The Machine
10. Waking The Dead
Line Up:
Lee Small – Voce / Chitarra / Basso
Glenn Leon – Tastiere / Programming / Back. Vocals
Mikey C. – Batteria