Recensione: ‘Til Death Do Us Party

Di Fabio Vellata - 10 Maggio 2009 - 0:00
‘Til Death Do Us Party


A tre anni di distanza dal debut album “In Distortion We Trust”, è tempo per una nuova release ad opera delle svedesi Crucified Barbara, all female band che, al di la dei facili apprezzamenti suscitati dalla notevole avvenenza delle quattro protagoniste, porta alla ribalta un nucleo artistico in evoluzione, caratterizzato da concreti segni di crescita e da uno sviluppo che si mostra consistente e credibile.

“Til Death Do Us Party” è un disco diretto ed essenziale, fondato su di un ispessimento delle trame sonore, ora più robuste e quadrate rispetto al precedente capitolo, che conferisce una gradevole modernità “heavy” al suono, pur mantenendosi devoto per sommi capi ad alcuni dei dettami basilari dell’hard rock.
Compatto e senza fronzoli, il sound delle Crucified beneficia di una produzione ad hoc, studiata senz’altro con perizia e cognizione di causa al fine di consentire al quartetto un ulteriore salto in avanti in termini di qualità della proposta.

Efficaci sin dalle prime note, i brani si manifestano come lapilli d’incandescente hard n’heavy condito da insospettabili dosi di potenza, in cui uno stile di composizione scarno e vivace, da libero sfogo a chitarre taglienti e ad una verve ritmica arrembante, cui fanno da contorno le solite, imperative e fondamentali, incursioni melodiche dall’appeal orecchiabile ed immediato.
La tracklist, asciutta ed agile, non cede mai il passo ad artifici improduttivi e senza una precisa funzione stilistica, prediligendo la “sostanza” a qualsivoglia divagazione fine a se stessa e fuori luogo. Quaranta minuti per undici brani, fanno della schiettezza una bandiera e garantiscono la piacevole sensazione di trovarsi al cospetto di un gruppo preparato e ricco di “numeri”.

Le secche ed aggressive “Killer On His Knees”, “Pain & Pleasure”, “Sex Action” e “Creatures”, sono ad esempio, schiaffi menati come fendenti, enfatizzati dalla prontissima voce della brava Mia Coldheart e da un ritmo trascinante che agita, senza requie, armonie che con certezza sortiranno effetti incendiari una volta eseguite sulle assi di un palco.
Volta all’eccellenza inoltre, l’ottima “Jennyfer”, ballad in pieno stile americaneggiante che, oltre a proporre una linea di melodia senza dubbio riuscita, si avvale anche del contributo delle graffianti vocals di Mats Lèven, guest di lusso e valore aggiunto in una panoramica già di buon livello.
Sorprende poi la durezza di “Dark Side”, “Blackened Bones” e “Feel Like Death”, tonanti estratti di rock metallizzato che indugia addirittura in qualche riferimento ai confini con il thrash, confermando la grinta ed il piglio deciso con cui l’intero album pare essere stato scolpito.
Più sleazy ma ugualmente risolute e velenose, “Can’t Handle Love”, “Rats” e “Danger Danger”, chiudono il cerchio con ulteriori sprazzi di solido rock moderno ed affilato, questa volta, infarcito da ritornelli da “arena” che in qualche modo mettono ancor più in risalto la validità della proposta della band nordica.

Zero dubbi insomma. “Til Death Do Us Party” è un ottimo prodotto di hard rock contemporaneo – poco sensibile ai compromessi ed ai facili ammiccamenti – che segna un tangibile progresso per Mia Coldheart e le Crucified Barbara, strumentiste di razza e, con ogni probabilità, migliore rock band al femminile presente di questi tempi sulla scena.

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Tracklist:

01. Killer On His Knees
02. Pain & Pleasure
03. Sex Action
04. Creatures
05. Jennyfer
06. Dark Side
07. Can’t Handle Love
08. Blackened Bones
09. Danger Danger
10. Rats
11. Feels Like Death

Line Up:

Mia Coldheart – Voce / Chitarra
Klara Force – Chitarra
Ida Evileye – Basso
Nicki Wicked – Batteria