Recensione: Til Dovre Faller
Ingrassato, leggermente stempiato, mjollnir al collo e sguardo rivolto verso il sole: ecco come si presenta il “piccolo” Torbjørn Sandvik, in arte Glittertind, all’alba del suo nuovo, secondo lavoro ufficiale. Til Dovre Faller (“finché il Dovre non cadrà, epica espressione tipica delle genti delle sue parti e iscritta in cima alla Costituzione Norvegese per indicarne la solidità, traducibile con il nostro “fino alla fine del mondo”) segue a ruota il relativamente fortunato – e a mio parere ottimo – Evige Asatro e pone un altro mattone importante per la crescita stilistica di questo giovane artista già accostato, per precocità, ai grandi nomi solisti del metal scandinavo.
Un EP di 13 minuti che però svolge un ruolo importante, almeno a livello culturale: si tratta infatti di una doverosa celebrazione dell’one-man band ai 100 anni di indipendenza della Norvegia. Per questo motivo, l’intero album è stato dedicato ai grandi combattenti per la libertà della nazione, dai tempi delle invasioni Vichinghe fino ai moderni combattenti dell’Europa, con un riserbo però: nella prima pagina del libretto Torbjørn si unisce al coro di coloro che, pur volendo un’Europa pacifica e unita, vedono dietro la bandiera a stelle solamente una organizzazione ultracapitalista il cui scopo non è garantire un trattamento equo per tutti i popoli, ma guadagnare più denaro possibile.
Leggero schieramento politico a parte, l’album è indubbiamente di livello piacevolmente alto: dalla cruda copertina del celebre Skrymer, già artista delle copertine dei Finntroll, si parte con “For Norge, Kjæmpers Fødeland” (Per la Norvegia, terra natia dei combattenti), che non è altro che il tema di “Norges Skaal” cantato a cappella per circa 30 secondi, prima di iniziare con quella che definirei la traccia migliore dell’EP, “Flaumen Går, I Noreg er Vår!” (Il vento sparisce, in Norvegia è Primavera!) vecchia canzone norvegese del 1906 dedicata a coloro i quali parlano la lingua dei dialetti, il Nynorsk (innalzata anche dai Windir), e scagliata contro gli abitanti delle grandi città, i quali parlano una lingua più vicina al danese e per questo spocchiosa e imperialista. L’arrangiamento di Glittertind è sempre la solita violenta cavalcata a metà tra il thrash e il punk, senza lesinare godibili parti più rallentate, che grazie alla sua voce un po’ acerba ma pulita ricordano quel folk tirato degli Ultima Thule e quella pomposità dei grandi nomi dell’heavy/power svedese. Si prosegue con “Rolandskvadet” (Canzone di Roland), antichissimo canto di guerra norvegese che si dice fosse cantato per incoraggiare le truppe prima della battaglia di Hastings del 1066. La canzone fu tramandata di generazione in generazione fino al XVIII secolo, finché non ne fu persa la memoria. Questa è anche la canzone messa a disposizione degli ascoltatori sul sito di Glittertind, e si nota immediatamente che è una canzone proveniente dal medioevo visti i toni marziali, i cori epici e le interessanti parti di tastiera suonate nientemeno che da Henri “Trollhorn” Sorvali (e si sente). Struttura cadenzata, stacchi improvvisi di tastiera e una leggera monotonia di fondo rendono questa canzone abbastanza interessante anche se alla lunga insipida, forse per l’ugola ancora non allenata del ragazzo o forse per la natura stessa della canzone, non fatta di certo per scapellare o ragionare. L’epico furore porta quindi alla celeberrima “Norge i rødt, hvitt og blått” (Norvegia in rosso, bianco e blu), famoso inno patriottico relativamente moderno ancora lungamente cantato in Norvegia il 17 maggio, festa nazionale della costituzione. Presenza obbligata, la sua, in questo 2005 che festeggia i 100 anni di liberazione dagli svedesi e i 60 anni di liberazione dal quinquennio di dominazione nazista. Questa canzone già faceva parte del suo terzo demo, e francamente preferisco di gran lunga la versione precedente, in cui la famosa melodia era perfettamente riconoscibile; qui invece, nel tentativo di brutalizzarla e di rinforzarla, l’ha caricata fino all’inverosimile di doppia cassa e di canto in coro, che l’ha resa più grintosa ma gli ha fatto perdere il fragile equilibrio melodico che ne caratterizzava la versione originale. Si cede pericolosamente quasi al punk insomma, se non fosse per la piacevole interruzione di “Per Spelmanns Bane” (Il Sentiero di Per il Suonatore), onirico brano quasi recitato che racconta della morte di un suonatore di armonica che viene ucciso da un prete che gli ruba mucca e donna e gli brucia l’armonica. Un brano oppressivo, atmosferico, breve, con un accompagnamento minimalista, che non sarebbe sfigurato in un album dei compianti Storm. Segue “Svart Natt” (Notte Nera), canzone estremamente Finntrolliana per via del pesante apporto di tastiere di Henri Sorvali, e prima canzone composta interamente da Glittertind, che parla di un guerriero vichingo che si lascia guidare dalle stelle per trovare la via nel mare in tempesta. Gran traccia pregna di epicità e di discreto valore artistico, sempre scandita da cori pomposi e da un gusto decisamente viking, a metà tra folk e sonorità tra il black e lo speed, che la rende la traccia più personale (in tutti i sensi) dell’album. Segue senza soluzione di continuità “The Battle of Stiklestad“, vero cuore spirituale dell’album in cui si racconta la famosa battaglia in cui la Norvegia si trovò a scontrarsi contro i cristianizzatori. Anche questa traccia ricorda molto la precedente e conclude l’EP con una doppietta carica di epicità, che mi ha ricordato molto la doppietta conclusiva di Valdr Galga dei Thyrfing, sia a livello sonoro che emotivo.
Un album ben fatto sicuramente, che rivela ora più che mai la differenza tra le canzoni interamente prodotte da Glittertind e le sue massicce cover di tutto ciò che è popolare in Norvegia. Se quest’album è un album godibile è solo in parte merito suo, in quanto le aggressive e orecchiabili sonorità di tracce quali “Flaumen Går, I Noreg er Vår!” o di “Norge i Rødt, Hvitt og Blått” provengono da una tradizione popolare che le ha rese tanto appetibili. Certo, probabilmente al di fuori della Norvegia l’intero album verrà considerato una ventata di novità poiché certe canzoni sono patrimonio strettamente norvegese, ma non posso esimermi dal giudicarlo un po’ “già sentito”, e notare come effettivamente avremmo bisogno di un album interamente composto da lui per capire bene fin dove può spingersi questo ragazzo che potrebbe diventare un prodigio.
Certo le carte in regola le ha tutte quante, e tanto di cappello per un ventenne che suona tutti gli strumenti da solo e da solo manda avanti un progetto ambizioso che trova ben pochi appassionati nella sua terra d’origine. Le ultime due tracce dimostrano una profondità compositiva non indifferente, per questo mi sento di voler aspettare con sempre più impazienza il suo primo lavoro originale: chissà che non faccia sul serio il proverbiale “botto”.
Tracklist:
1: For Norge, Kjempers Fødeland
2. Flaumen går
3. Rolandskvadet
4. Norge i rødt, hvitt og blått
5. Per Spelmanns bane
6. Svart natt
7. The Battle of Stiklestad