Recensione: Til The Livin End

Di Alessandro Di Clemente - 5 Maggio 2004 - 0:00
Til The Livin End
Band: Zeke
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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65

Tornano i ragazzacci, gli Zeke, una band grezza,  sporca, stradaiola, le cui origini speed punk li hanno fatti approdare ad etichette specializzate ed importanti, come quella di Brett Gurewitz dei Bad Religion (l’ Epitaph), per la quale hanno pubblicato i famosi “Kicked In The Teeth” e “Dirty Sanchez”.
Con questo nuovo ” ‘Til The Livin’ End”, edito per la sempre meno brutale e sempre più hard rock Relapse (ricordo i Bongzilla, gli Alabama Thunderpussy ed altri nel roster della nuova Relapse), le influenze hard rock fumoso e grezzo a cavallo tra i Motorhead e una band stoner (quali possono essere ad esempio gli Orange Goblin) sono sempre più evidenti.
Anzi si puo’ asserire, senza paura di essere smentiti, che la componente punk è stata soppiantata dalla potenza dell’hard rock targato Lemmy e soci.
Non che ci sia differenza concettuale tra una band punk e una fucilata dei Motorhead, è l’attitudine che cambia e principalmente il mezzo usato per aggredire l’ascoltatore con bordate di musica semplice e ruvida.
La voce del singer, i giri di accordi, il suono del platter… tutto ricorda i Motorhead, ad un primo, fugace ascolto avrei detto che gli Zeke hanno suonato per anni la stessa cover di Ace Of Spades e ne hanno fatto un album (questo ‘Til The Livin’ End), in realtà tutto ciò è vero solo in parte, cioè la prima parte del cd: le prime quattro songs sono direttamente derivative  di quelle composizioni che resero capolavori gli albums  Bomber, Overkill e Ace Of Spades.
Andando avanti nell’ascolto del cd si notano invece altre influenze, non ultime certi richiami allo stoner, tanto in voga qualche anno fa, ma che tutt’ora annovera svariati adepti, vi sono richiami sabbathiani, i Sabbath meno sulfurei, meno Doom, quelli più psichedelici, stonati e più aggressivi.
Figli bastardi di una scena inglese tutta sesso, fumo e whiskey, la loro principale dote è quella di spingere a tavoletta  nei momenti più tirati e, invece, di ricreare la stessa sensazione di un “tiro d’erba” nei momenti pacati.
Come per i loro maestri, il problema principale di questo genere di hard rock è la troppa somiglianza delle canzoni l’una con l’altra, e la prolissità di un album interno, problema evitato dagli Zeke: 15 canzoni per poco più di 30 minuti complessivi.
Il lato interessante di un lavoro come questo è che la vera identità  viene piano piano svelata, ascolto dopo ascolto.
Di certo non un disco che stravolge certi stilemi anzi, sottolinea, se ce ne fosse bisogno, con veemenza la validità di escamotages vecchi di trent’anni.

Tracklist:

1. All Night Long
2. Long Train Runnin’
3. On Through The Night
4. Hold Tight
5. Chinatown
6. Little Queen
7. 383
8. Dragonfly
9. Never Goin’ Home
10. The Hammer
11. Roller
12. Dolphin Wolf
13. ‘Til The Livin’ End
14. Ride To Live
15. Ever Onward

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65