Recensione: Time
Secondo album post reunion per i Mercyful Fate,che si ripropongono con un disco neanche lontanamente paragonabile ai classici passati o venturi,ma tuttavia talmente trascinante ed intenso che sarebbe un delitto lasciarselo sfuggire. A livello musicale il genere proposto è sempre il solito solido heavy metal,ma questa volta più melodico, dove le chitarre non sempre scalfiscono come in passato,ma vanno a costruire insieme alla voce di King (qui particolarmente evocativa) delle trame “dolci” e quasi ipnotiche.Naturalmente ci sono delle eccezioni,come la bellissima “Nightmare be thy name”, opener del disco. Time prosegue con “Angel of light”, pezzo abbastanza veloce che, pur risultando un brano molto più che gradevole,non lascia il segno a causa di melodie sì buone, ma che pagano dazio a quelle della traccia d’apertura. Discorso totalmente diverso per “Witche’s dance”, nella quale sono presenti un assolo grandioso ed un bridge spettacolare, dove sotto il falsetto di King Diamond trova spazio un pizzichio
di archi che crea un’atmosfera molto particolare.Si continua con “The mad arab”, semplicemente uno degli highlight del CD. La traccia parla di Abdul Alhazred, e fa da introduzione a Mad Arab part two, che sarà presente su “Into the Unknown”. La lirica è davvero interessante, quindi conviene leggerla durante l’ascolto. “The Mad Arab” scorre via veloce (come Abdul?) lasciando spazio a “My demon”, canzone tirata e molto melodica, che subisce dei rallentamenti verso la metà del brano. Nel complesso una bella canzone,anche se un po’ ripetitiva. Esaurita la song è il turno della title track, un capolavoro nonchè uno dei miei brani preferiti in generale. Quest’opera d’arte comincia con il ticchettio di un orologio sul quale si staglia un grande lavoro di archi che completano perfettamente il falsetto del Re Diamante. Prima dell’assolo non abbiamo alcun riff di chitarristico, ma solo qualche nota
d’accompagnamento. Menzione particolare (anche qui) per il magnifico testo. Settima song di Time è “The preacher”, che non sarebbe neanche male se Diamond si fosse sforzato di interpretare la parte vocale in maniera meno scontata e banale, per quanto riguarda le strofe. Pur non essendo un brutto pezzo rimane comunque piuttosto scialbo, e passa via in completo anonimato. Al contrario di qui, su “Lady in Black” (coverizzata anche dai Dark Tranquillity) il buon King canta magnificamente, e l’unione delle sue vocals con un eccellente suonato crea un altro highlight del disco, così come lo sono anche “The mirror” e “The afterlife”, per i quali grossomodo vale lo stesso discorso fatto per “Lady in Black”. A conclusione del disco è posta “Castillo del Mortes”, la quale narra di “uno stupido che giocando con la magia” apre i cancelli dell’oltretomba, scatenando così una battaglia tra angeli e demoni, che combattono per le anime di 600 persone che si trovano nella Casa dei morti (appunto Castillo del mortes).
Sentiti tre passaggi grandiosi e leggendo il testo della traccia, mi sono avvicinato alla canzone con la sicurezza di trovarmi di fronte ad un’altro highlight. Purtroppo invece si tratta di una canzone completamente anonima ed inutile (e anche abbastanza noiosa). Comunque dimenticato quest’episodio poco felice, Time rimane sicuramente un disco da consigliare ad ogni amante del buon Heavy Metal.
Track list:
1) Nightmare be thy name
2) Angel of Light
3) Witche’s dance
4) The mad arab
5) My demon
6) Time
7) The preacher
8) Lady in black
9) The mirror
10) The afterlife
11) Castillo del mortes