Recensione: Time and Eternity
Verona è famosa nel mondo per moltissime cose, un po’ meno per aver dato i natali a dei gruppi heavy metal. Negli anni Ottanta in quasi ogni città intesa come cuore pulsante della musica nacquero spontaneamente dei gruppi dediti alle sonorità più dure del firmamento Rock. A parte qualche misteriosa eccezione – mi sono sempre chiesto come mai un crogiuolo di persone frizzanti come quelle di Brescia non siano riuscite a dare vita a un band HM qualitativamente degna di tale nome – all’ombra dell’Arena e nella patria di Romeo e Giulietta almeno tre – chiedo venia per eventuali dimenticanze eccellenti – sono gli act che in qualche modo segnarono la storia della Nwoihm: Steel Thunder, Black Hole, Exile e Spitfire. Questi ultimi furono “battezzati” ufficialmente nel 1981 e si fecero un discreto nome in virtù di una proposta musicale ben articolata, per certi versi adulta se paragonata all’età media dei componenti del combo che adottò come moniker il famoso, per motivi bellici, caccia monoposto della R.a.f.
La carriera dei Nostri agli inizi vede due demo alternati a un 45 giri del 1984 – ristampato l’anno scorso dalla Minotauro -, poi l’apprezzatissimo Cd best of intitolato Heroes in the Storm del 2002 da parte della Andromeda Relix e questo disco di inediti targato 2010 che esce sotto l’egida della My Graveyard Producions. Dodici sono i brani contenuti in Time and Eternity, completamente risuonati mantenendo in linea di massima gli arrangiamenti originali del periodo – che va dal 1982 al 1985 -, per certi versi fagocitati dall’interessamento di un dannato dell’HM italiano come Francesco Campatelli, l’uomo che le vicende della vita vogliono essere riuscito a far imbracciare di nuovo gli strumenti al gruppo. Onore al merito, quindi.
L’intro hollywoodiano della traccia numero uno viene squarciato dal suono implacabile della chitarra di Stefano Pisani e da lì in poi è puro tripudio defender anni Ottanta nelle trame di Spirits of the Mountain, il classico pezzo scritto per allungare il microfono sulle prime file durante il refrain citante il titolo. Il cantato pulito di Giacomo “Giga” Gigantelli tende addirittura a stridere in mezzo a cotanta colata lavica vintage. La sevizie si perpetua con la seguente One Night With Mephisto, che farà la gioia dei collezionisti di Tex Willer per via dell’evocazione del celebre mago dei fumetti. Riff raddoppiato assassino, poi heavy metal a manetta fino al termine senza interruzione. La title track, pesantissima nell’incedere, smorza per qualche minuto le trame veloci dei veronesi, risultando, grazie all’interpretazione – stavolta assolutamente calzante – di Giga un brano di estrazione Tygers Of Pan Tang con tanto di melodie a la Praying Mantis. Black Widow si apre con un suadente arpeggio di chitarra che poi si trasforma in un connubio al miele in virtù dell’intervento dell’ugola del singer, ma è un falso allarme: i fendenti di un’ascia affilatissima smagliano quanto di dolce poteva essere stato fino a quel momento tratteggiato trasformando la Vedova Nera in un altro, ulteriore, attacco HM in piena regola. Da segnalare la similitudine dell’interpretazione di Giacomo, nell’occasione, con il grande Sergio Zara dei migliori Fil Di Ferro.
Ancora “scapocciate” naturali e senza ritegno in The Challenge, altro pezzo sorretto da un suono di chitarra duro come il granito e dalle ritmiche adrenaliniche in crescendo. Segue chorus catchy da manuale. Il suono di un basso lontano dà il la ad (Un)holy War, ossia la prima canzone dall’impianto epico di Time and Eternity, figlia delle influenze a stelle e strisce subite – si fa per dire… – dai tre veronesi. Pronto il ritorno al british metal con la strumentale Escape from Babylon poi è di nuovo territorio Usa per via del riff vanhaleniano della chitarra di Pisani, a lanciare un episodio dai tratteggi melodici ma non troppo molto vicino alle sonorità dei non distanti colleghi altoatesini Skanners. Gigantelli qui, ehm… giganteggia alla grande. L’archetipo del brano di HM italiano veloce targato Nwoihm può essere accostabile a Boys’ Riot, per semplicità e mood. Un titolo come Alone in the Rain non poteva di certo presagire massacri sonori di chissà quale entità ed infatti si tratta di un’altra sezione strumentale dall’andamento melodico. Limbo scomoda gli Iron Maiden per impianto e galoppate chitarristiche annesse ma c’è qualcosa che non funziona: il pezzo risulta sfilacciato e dal coro davvero scolastico. Fino a questo momento l’unico passaggio debole di Time And Eternity. Viceversa chiusura ai fuochi d’artificio affidata a Rock Commando, un anthem molto tricolore nella costruzione che di sicuro mieterà vittime a non finire on stage. In pratica e in musica il suggello di un sogno chiamato Spitfire: leggere il testo per credere!
Seppur dotato di una immagine di copertina di alto impatto classico, che a livello di marketing di sicuro non si discute, paradossalmente Time and Eternity possiede un artwork addirittura più azzeccato – e inquietante – nei disegni rappresentati al di sotto dell’alloggiamento fisico del Cd e nella back cover, dove imperano fuoco, cavalieri sanguinari e malvagi mostriciattoli di stampo medievale, particolari che se in futuro dovessero campeggiare all’interno di una versione del disco in vinile manderebbero in sollucchero gli ultras che sanno apprezzare queste finezze. Booklet di dodici pagine con tutti i testi e una facciata dedicata, in lingua inglese, alla storia della band firmata da Gianni Della Cioppa.
Gli Spitfire con Time and Eternity dimostrano di avere l’HM ortodosso inscritto nel proprio Dna e di come, in virtù di una produzione scardinante, non risulti anacronistico suonare heavy metal classico nel 2010, laddove, alla prova dei fatti, è esattamente il contrario. Siamo a marzo, il disco è uscito ufficialmente a fine febbraio ma sarà davvero difficile trovare di meglio a livello di ripescaggi da qui fino al prossimo 31 dicembre. Si consigliano ripetuti ascolti per far rodare appieno la timbrica cristallina di Giacomo Gigantelli con la massa di metallo fuso costruito dagli strumenti degli altri due pard Pisani/Avino, nonché dallo basso suonato dallo stesso “Giga”. Probabilmente un po’ più di cattiveria e sporcizia d’ugola alla Chris Boltendahl nel cantato non avrebbe guastato, in certi casi, ma si tratta della ricerca del tipico pelo nell’uovo, esercizio che si scatena solamente di fronte a opere di caratura, proprio come Time and Eternity.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Spirits of the Mountain
2. One Night With Mephisto
3. Time and Eternity
4. Black Widow
5. The Challenge
6. (Un)holy War
7. Escape from Babylon (instrumental)
8. Soul Trader
9. Boys’ Riot
10. Alone in the Rain (instrumental)
11. Limbo
12. Rock Commando
Line-up:
Giacomo “Giga” Gigantelli – Vocals/Bass
Stefano Pisani – Guitars
Gateano Avino – Drums