Recensione: Time For Expiation
Gli italiani Dragonhammer si presentano sul mercato discografico con questo nuovo “Time for expiation” a tre anni di distanza dal primo “Blood of the dragon” e posso dirvi che la band tricolore ha letteralmente rimesso in discussione le sue caratteristiche sonore e il suo stile.
Abbiamo lasciato i Dragonhammer alle prese con sonorità molto vicine al power metal sinfonico caro a band nostrane come i Rhapsody, i Kaledon, i primi Heimdall e all’epoca i nostri Dragonhammer erano nel roster della romana Elevate Records ormai defunta. A pochi mesi da oggi la band ha raggiunto un accordo discografico di grande rilievo con la milanese Scarlet Records, una tra le più competitive label eurpee degli ultimi anni, il cambiamento di etichetta è coinciso in maniera innegabile con una profonda analisi artistica all’interno della band, una riflessione che ha portato i Dragonhammer a produrre questo “Time for expiation”. Concretamente trovo che di power metal nel suono di questi ragazzi sia rimasto poco, di sinfonico nulla, e credo di poter affermare con trasparenza che questa band ha trovato una personalità artistica differente, molto più credibile e consistente che in passato. La rifondazione dei Dragonhammer parte dal suono delle chitarre e dalle strutture compositive poste alla base dei riff, in questo senso la band ha intrapreso un lavoro molto vicino alla tradizione classica svedese producendo composizioni paragonabili ai canoni degli Overdrive, o vagamente dei Mindless Sinner, venendo alla scena recente è innegabile una vicinanza artistica rispetto ai primi ottimi Tad Morose (sempre per restare in Svezia). La sezione ritmica della band si è enormemente evoluta diventando l’arma vincente del loro souno, le ritmche oscure e potenti delle chitarre vengono abbinate a ottimi cambi di tempo e aperture vagamente progressive che arricchiscono sostanzialmente ogni singola composizione. Su tutto questo si impone la voce dell’ottimo Max Aguzzi, che interpreta le linee vocali in maniera piena, molto personale e identificabile riuscendo a non cadere nella tentazione di porsi tra le fila degli innumerevoli emuli di Kiske & Co.
Il disco viene aperto dalla bella “Eternal sinner” che sembra incominciare nella maniera più logica la track list sostenendo ritmi veloci e frontali, ma dopo pochi passaggi si apre in un refrain elegante e rallentato che rende il tutto molto interessante e ispirato, una bella prova di maturazione. La mia sensazione iniziale si rafforza con “Believe” che alterna parti ritmiche telluriche nelle strofe a ritornelli molto efficaci e ispirati, l’interpretazione vocale del brano mi pare davvero azzeccata e consente ai Dragonhammer di ribadire il loro nuovo corso artistico. Con “Fear of a child” i nostri puntano su soluzioni vicine agli Angel Dust dell’ottimo “Borders of reality”, quindi ottime strofe dinamiche e potenti arrichite da spinti vagamente progressivi delle chitarrre, un lavoro veramente ammirabile. La successiva “The pages I never wrote” è uno slow tempo dall’anima oscura che si affida ad atmosfere rallentate ma molto personali, le chitarre si dimostrano eleganti e avvolgenti senza snaturare il mood del brano. Più dinamica e vagamente power oriented “Free land” non è comunque giocata sulla doppia cassa serrata sviluppandosi tra strutture cambievoli e di grande rilievo artistico, una bellissima composizione. Senza eccedere i Dragonhammer spingono verso direzioni ancora più elaborate e ambiziose sfornando “Blind justice” una nuova dimostrazione del loro talento e della loro ispirazione. Più quadrata e frontale “YMD” posside un refrain diretto che garantirà alla band un forte responso in sede live, i nostri comunque non rinunciano ad impreziosire la canzone con spunti chitarristici di innegabile caratura. La conclusiva title track posside un incedere oscuro e ispirato, non vengono mai impiegate soluzioni banali o ripetute in maniera da non annoiare l’ascoltatore, anzi questo brano risulta tra i migliori del lotto.
Non mi aspettavo un passo avanti di queste proporzioni, ma i Dragonhammer hanno aperto una nuova via verso il loro futuro cercando di identificare in pieno la loro personalità artistica al di là delle definizioni e dei preconcetti di una scena ormai satura come quella tricolore. Credo che questa sia la giusta politica per raggiungere maggiori consensi e risultare più espressivi rispetto alla media delle formazioni nostrane. A tutti voi un sincero invito ad ascoltare con molta attenzione questo lavoro e a concedergli l’interesse che merita, numericamente il voto rappresenta poco la portata di un disco così importante per chi l’ha inciso. Bravi Dragonhammer.
Tracklist:
1. Ancient voice
2. Eternal sinner
3. Believe
4. Fear of a child
5. The pages I never wrote
6. Free land
7. Blind justice
8. Ymd
9. Time for expiation